Le conseguenze del Coronavirus sono evidenti. Tanto sul piano psicologico quanto a livello fisico. Sia negli ex pazienti – quelli ricoverati in terapia intensiva o nei normali reparti – sia in chi il virus l’ha osservato da lontano, pur tuttavia costretto ad adattarsi ai nuovi ritmi imposti dalle norme anti-contagio. E in tutto questo non va certo dimenticato il personale sanitario, da un giorno all’altro ritrovatosi al fronte contro un avversario di cui all’inizio si sapeva pochissimo. A parlarne sono Franco Giada, cardiologo e responsabile dell’Unità operativa complessa di Medicina dello Sport e Cardiologia riabilitativa dell’ospedale di Noale e Marzia Sarto, psicologa e psicoterapeuta che lavora nel medesimo reparto. «Nel professionista emergono una serie di risposte psico-emotive indubbiamente limitanti. Mi riferisco ad un’importante disistima rispetto all’incapacità dell’operatore di fronte alla gestione del Covid, con conseguenti disturbi di varia natura: del sonno, del tono dell’umore, dell’irritabilità», chiarisce Sarto, citando quel senso di frustrazione ed impotenza che la categoria ha vissuto dinnanzi ad una patologia tanto devastante e, per molti aspetti, ancora lontana da una vera cura. Un malessere profondo, legato all’avvilimento del non poter dare l’aiuto desiderato ai pazienti, che all’interno della famiglia ha portato ad una chiusura in se stessi, «per interrompere quel ciclo vizioso di pensieri e tutelare i propri cari. Va ricordato poi che i lutti dei familiari dei pazienti ad un certo punto sono diventati anche quelli degli operatori sanitari, trovatisi a fare da “ponte” tra assistiti e parenti. Con una carezza, una preghiera, una parola di conforto».
Sindrome post Covid per chi è stato ricoverato. L’analisi della dottoressa Sarto continua relativamente a chi il virus l’ha avuto. «Quanti visti finora – spiega – rivelano un forte senso d’angoscia, connesso al timore della morte che chi è stato ricoverato ha sentito vicina». Momenti in cui la presenza dell’operatore si è dimostrata particolarmente preziosa. «La maggior parte dei ricoverati mostra oggi una sindrome post Covid – dice Giada, soffermandosi sulle ripercussioni fisiche – caratterizzata da un atteggiamento depresso, da una sorta di stanchezza cronica, da una certa demotivazione e da strani dolori. Ecco perché stiamo sperimentando un protocollo di ricondizionamento fisico e psichico per questi pazienti. Vengono da noi, fanno dei passaggi con la dottoressa Sarto, curiamo la loro alimentazione (poiché tendenzialmente hanno perso massa muscolare) dando suggerimenti di tipo nutrizionale e poi li accompagniamo in palestra medica, per riallenarli». Al fine, naturalmente, di ottenere un graduale ritorno alla normalità che necessiterà di qualche settimana.
Conseguenze persino negli atleti. «Nei pazienti post Covid, sia quelli con pochissimi sintomi sia quelli che ne hanno avuti di più importanti, ho riscontrato un crescendo di sequele. Uno su tutti, che ha coinvolto alcuni atleti professionisti, la riduzione della performance. I pazienti (anche colleghi medici) una volta dimessi si trovano in una condizione di decondizionamento fisico e psichico, con disturbi di vario genere ed una qualità della vita piuttosto compromessa. Ma è vero anche che grazie al percorso di ricondizionamento proposto, poi si riprendono».
Marta Gasparon