«Ci continuano a dire che bisogna rassegnarsi, che le risorse sono limitate, che non possiamo curare tutti, che siamo chiamati a fare delle scelte. Beh la mia visione è ideale e rifiuta questo scenario».
Lo afferma don Massimo Angelelli, direttore della Pastorale della Salute della CEI, intervenuto nella mattinata di sabato 8 febbraio al convegno sul futuro dell’assistenza sanitaria in Italia organizzato dall’Ordine dei medici della provincia di Venezia, sotto la guida scientifica del presidente Giovanni Leoni, che è anche vicepresidente nazionale e tenutosi nella sala San Domenico nella Scuola Grande di San Marco all’Ospedale Civile di Venezia.
«Non è solo questione di soldi o di risorse per risolvere i problemi», continua don Angelelli: «Ci vogliono idee e visioni nuove. Abbiamo i soldi del Pnrr ma in realtà non sappiamo come spenderli. In sanità serve un pensiero coraggioso, un pensiero nuovo che riesca a mettere insieme la diverse contraddizioni, le nuove esigenze di salute dei cittadini e anche i diritti dei curanti. Serve una costituente per la salute, un modello alto, gruppi di pensiero che stabiliscano come si può uscire da questa situazione. Non so se riusciremo a curare tutti, ma voglio provarci prima di rassegnarmi».
«Secondo i dati Istat – ha sottolineato il presidente dei medici venezinai Giovanni Leoni – l’Italia ha il numero di anziani al mondo più alto dopo il Giappone: gli over 65 sono il 24%. Nel 2023 nel nostro Paese erano 14 milioni, 3 in più di 20 anni fa, e di questi circa 7 milioni, in pratica uno su due, presentano almeno tre patologie croniche. L’assistenza sanitaria in Italia, dunque, deve impegnare più risorse per dare al cittadino, indipendentemente dal suo reddito o dal fatto che viva al nord o al sud, in centro o in periferia, un’adeguata risposta in termini di salute».
«Un cittadino medio – ha proseguito il dottor Leoni – più anziano, più malato e più povero di solo 10 anni fa non può permettersi una sanità privata e deve attendere l’equa e solidale risposta del suo Sistema Sanitario Regionale. Ma quali sono le conseguenze delle liste d’attesa? Diagnosi e trattamenti tardivi che potrebbero aggravare la malattia del paziente, rendendo più complessa la cura. E su chi ricade questa responsabilità? Se non si investe in sanità, è a rischio non solo la vita del paziente di turno, ma la salute di tutti noi».