«La resilienza è la capacità di risalire sulla barca travolta dal mare in tempesta». Lo scrive in un post su Facebook Emanuele Rosa, che la resilienza l’ha mesa decisamente in pratica.
Grazie ad essa – non solo ad essa, ovviamente – è venuto fuori dal Coronavirus. E oggi, mercoledì 25, ha lasciato Villa Salus dopo alcuni giorni di ricovero nella struttura mestrina divenuta Covid Hospital.
Nel posto il signor Rosa racconta la storia della sua discesa nel mare in tempesta e della sua risalita: «Verso la fine di febbraio incomincio ad accusare febbre e spossatezza. La sintomatologia da Coronavirus prevede polmonite, caratterizzata da febbre medio alta, tosse e difficoltà respiratorie, che non avevo, e questo mi rassicurava. Però la febbre non mi abbandonava. Allora decido di chiamare il medico di famiglia, che prontamente viene a visitarmi. Diagnosi: polmonite. Non riuscivo a capacitarmi… io, uno sportivo, che pratica quasi quotidianamente nordic walking…».
Il mare si fa sempre più tempestoso: «In quei giorni – è sempre il racconto di Emanuele Rosa – non era previsto il tampone per chi aveva solo febbre, così il medico inizia la terapia con iniezioni quotidiane e auscultazioni polmonari. Passa qualche altro giorno: la febbre, con spossatezza sempre più importante, induce il medico a ricoverarmi in ospedale, dove mi praticano immediatamente il test. Il giorno dopo il risultato: Positivo al Coronavirus».
La tempesta è all’apice: «Sono iniziati i giorni più duri. La febbre, la spossatezza, l’inappetenza hanno fatto emergere i pensieri più cupi. Mi stavo abbandonando alla seduzione dei pensieri negativi e mi ripetevo “qui non ritorno a casa”».
Poi qualcosa si muove: «Ecco il primo segnale, in un messaggio mia figlia Arianna mi scrive “papà, hai divorato libri sulla resilienza, vedi di metterla in campo”. Sentivo di dover ristrutturare dal punto di vista cognitivo la mia malattia, anche perché se il cervello sta bene influisce positivamente sulla prima linea di difesa, il sistema immunitario. Parallelamente il vice primario, la dottoressa Barbato, decide di intraprendere la terapia sperimentale, visitandomi quotidianamente per monitorare i progressi. E lentamente avverto di iniziare a recuperare». Una terapia sperimentale che consiste in una combinazione di Idrossiclorochina e Kaletra, in sostanza un antimalarico e un cocktail di due antiretrovirali. Evidentemente almeno per il signor Rosa ha efficacia.
Ma l’inappetenza gli fa perdere vistosamente peso: «Ed ecco ancora lei, la resilienza – continua Rosa – a darmi una mano e a impormi di cercare negli alimenti i mattoncini della vita, gli Aminoacidi, presenti nelle proteine di carni e formaggi. Se pur lentamente sentivo che l’energia vitale stava ritornando. Finalmente arriva il momento del test: il mio corpo è libero dal Coronavirus, non contagerò altre persone».
Da questa storia emerge un grande insegnamento, prosegue nel suo posti su Fb Emanuele Rosa: «Ho liberato la resilienza nel momento giusto. Questa è la compagna di tutti noi, non è prerogativa solo di alcuni e si è affinata nel corso della storia dell’uomo che ha dovuto affrontare guerre, carestie e pandemie».