«Dopo la messa nella chiesa di Mar Zina, ci rechiamo all’antico monastero di San Benham e Sara, una delle più antiche testimonianze cristiane in Iraq, risalente al quarto secolo, profondamente devastato dall’Isis. Ne abbiamo toccato le piaghe l’anno scorso. Rimangono ferite incancellabili, gli sfregi e le distruzioni irreparabili, ma tutto ora è in ordine, pulito e accogliente. Ci rechiamo alla tomba di San Benham fatta saltare dall’Isis con la dinamite. Ora una squadra di operai, guidata da un esperto archeologo, ne sta completando la ricostruzione».
Don Giorgio Scatto fa sintesi così dell’esperienza fatta oggi, venerdì 6 aprile, il Venerdì Santo dei cristiani ortodossi. Don Scatto, con Cristina Santinon, forma la delegazione che, dalla Chiesa di Venezia e dalla comunità monastica di Marango, per il sesto anno di fila viene in Iraq per verificare come sta questo Paese tormentato dalla guerra e dai fanatismi che pregiudicano la crescita civile e la libertà religiosa.
Sconfitto l’Isis, neppure un anno fa, la ricostruzione e il ritorno alla vita di paesi e città si fanno più vivaci. Anche i matrimoni sono segno di una rinnovata vitalità in città, come Qaraqosh, svuotate e depredate dal Califfato neppure quattro anni fa.
«Abbiamo partecipato all’ultimo dei tre matrimoni celebrati ieri. 5 aprile, nella chiesa di San Giovanni Battista. Qui il matrimonio non è la festa privata di due giovani, ma la celebrazione delle nozze dell’Agnello con la sposa amata, la Chiesa. È la Chiesa che celebra le sue nozze; gli sposi sono il segno permanente, il sacramento di questa unione. Presiede il vescovo, con tutti i preti che hanno ufficio a Qaraqosh (ne abbiamo contati 17). Non c’è la messa, ma tutta la liturgia è cantata solennemente, ed è ricca di simboli. Al termine Nur, il giovane novizio francescano, ci ripete l’invito di partecipare alla cena di nozze. Non ce lo facciamo ripetere e accettiamo. 850 invitati! Musica e danze. Nur ci accoglie e ci fa sedere ai nostri posti. Quando c’è una danza particolare alla quale tutti sono invitati a partecipare, ci inseriamo anche noi. E alle 23 ritorno a casa, con gran dispiacere degli amici incontrati».
«Sentiamo – conclude don Giorgio Scatto – che la pace cresce intrecciando, giorno dopo giorno, anno dopo anno, fili di amicizia e di incontro».