Si sono ammalati di Coronavirus, sono stati curati per questa infezione negli ospedali dell’Ulss 3 Serenissima, sono stati dimessi e ora frequentano l’Ambulatorio post Covid dell’Azienda sanitaria, messo in piedi ad hoc solo per loro quattro mesi fa. Sono una cinquantina di pazienti, per la maggior parte cardiopatici, ipertesi, diabetici, obesi, dismetabolici, nefropatici.
Numeri e funzionamento dell’Ambulatorio post Covid
L’Ambulatorio post Covid lavora a pieno regime da quest’estate. Visita, monitora e cura i pazienti dell’Ulss 3 Serenissima che hanno contratto il Covid, sono stati curati negli ospedali dell’Ulss, sono stati dimessi e hanno accettato di farsi seguire periodicamente dall’ambulatorio. Tra la cinquantina di pazienti seguiti, gli uomini sono il triplo delle donne. Hanno dai venti agli ottant’anni d’età, ma si concentrano soprattutto nella fascia che va dai cinquanta ai settant’anni.
L’Ambulatorio post Covid si trova fisicamente al quarto piano dell’ospedale di Dolo ed è gestito dalla Pneumologia dolese in sinergia con l’ospedale hub dell’Angelo, a cui vengono assegnati invece i casi più complessi.
Durante le visite il paziente viene sottoposto a tre esami diagnostici. Il primo è la spirometria, che dimostra la funzionalità respiratoria e rileva se ci sono danni funzionali ai polmoni. Il secondo esame è la radiografia, per capire se esiste un danno organico/anatomico. Il terzo esame è il test Dlco, che permette di determinare la capacità polmonare nello scambiare l’ossigeno tra alveoli e capillari. Se necessario, viene poi richiesta anche una Tac, per osservare ancora meglio lo stato dei polmoni.
“La risposta dei pazienti che abbiamo visto in questi mesi è stata per la maggior parte molto buona – spiega il responsabile dell’ambulatorio, il pneumologo Accurso Aloi -. A tanti pazienti che erano stati dimessi con l’ossigeno, ora lo abbiamo tolto perché nettamente migliorati. Abbiamo dato prima priorità ai pazienti che per colpa del Covid sono stati in rianimazione, poi a quelli ospedalizzati ma mai intubati. Questo ambulatorio è diventato un servizio costante e istituzionalizzato dell’Ulss 3. E seguiamo pazienti che provengono da tutto il territorio dell’Azienda sanitaria”.
“L’Ambulatorio post Covid accompagna chi ha vissuto l’aggressività di questo virus tanto da essere passato per un letto di degenza o di terapia intensiva dei nostri ospedali – dice il direttore generale dell’Azienda sanitaria Giuseppe Dal Ben -. Oltre a curare e raccogliere dati sui residui che il virus, una volta andato via, ha lasciato nel corpo di questi pazienti, questo ambulatorio diventa il simbolo della nostra presenza nei loro confronti, anche dopo la guarigione dall’infezione. Gli ex pazienti Covid non vengono lasciati soli, ma sono seguiti dopo aver costruito per loro una corsia dedicata, come quella di questo importante ambulatorio”.
Gli esiti del Covid rilevati dall’Ambulatorio e dalle due Pneumologie
Paralisi della lingua, sindrome di Gulliain-Barré, compromissione respiratoria a lungo termine, insonnia, risveglio notturno improvviso, affaticabilità, ipossemia prolungata. Gli straschichi più gravi lasciati dal Coronavirus alle spalle dei pazienti che hanno superato l’infezione, sono rilevati soprattutto nei casi più critici seguiti dalla Pneumologia dell’Angelo, una decina, sempre in sinergia con l’ambulatorio dolese, e quindi la sua Pneumologia.
“Gli esiti nel tempo, più comuni, sono quelli di tipo fibrotico della polmonite interstiziale: in alcuni non c’è stata una completa normalizzazione del polmone: il Covid ha indotto un’iniziale fibrosi polmonare. Questo potrebbe comportare il rischio, in alcuni casi, di un’insufficienza respiratoria permanente, fino alla necessità di ossigeno supplementare nel quotidiano. E non si sa, essendo una patologia nuova, in quale arco di tempo possa dare questo esito, soprattutto nei soggetti giovani: la fibrosi potrebbe rientrare o peggiorare, prima che il danno sia stabilizzato” spiega il primario di Pneumologia dell’Angelo Lucio Michieletto. “Poi – continua – ci sono i danni neurologici avvenuti durante la fase acuta. Ci sono stati anche casi di paralisi alla lingua o di sindrome di Gulliain-Barré (una neurite centrale). In quel caso indirizziamo i pazienti allo specialista di neurologia”.
Pazienti respiratori meno coinvolti dal virus
Nessun asmatico o affetto da sindrome respiratoria cronica si è presentato all’Ambulatorio post Covid. “Tra i pazienti negativizzati che visitiamo nel nostro speciale ambulatorio dopo la fase acuta dell’infezione da Coronavirus e le dimissioni ospedaliere, non ci sono quelli a noi più noti, affetti da patologie respiratorie croniche come asma o broncopneumopatia cronico ostruttiva – dice il primario di Pneumologia dell’ospedale di Dolo Manuele Nizzetto -. La maggior parte di questi pazienti sembra non aver contratto il virus”.
Sindromi respiratorie croniche: ridotti anche gli accessi al Ps e le crisi asmatiche
Gli affetti da sindrome cronica respiratoria normalmente seguiti dai pneumologi dolesi, in questi mesi hanno diminuito gli accessi al Pronto soccorso e riferiscono agli specialisti dell’Ambulatorio post Covid di una riduzione delle crisi asmatiche e respiratorie.
“Sorprende che i pazienti respiratori a noi noti si siano riacutizzati molto meno con l’arrivo delle prime infezioni respiratorie portate dal freddo – dice il primario di Pneumologia -. Probabilmente questo è avvenuto perché si sono tutelati. Non solo sono stati attenti a non contrarre il Covid 19 uscendo il meno possibile, mantenendo il distanziamento, igienizzando le mani e utilizzando la mascherina: ma l’utilizzo di questi comportamenti ha allontanato anche il rischio di contrarre altre infezioni”.
“E questo ha probabilmente ridotto gli episodi acuti di difficoltà respiratoria che li portavano ad accedere al pronto soccorso – concorda il primario del Pronto soccorso di Dolo Andrea Pellegrini -. Me lo spiego anche io come un effetto dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e del distanziamento sociale”.
“Questo potrebbe portarci a pensare che se l’asmatico o il paziente affetto da Bpco (broncopneumopatia cronico ostruttiva), ad esempio, mantenesse come abitudine l’utilizzo della mascherina anche oltre la fine della pandemia – riprende Nizzetto -, potrebbe così allontanare il rischio di riacutizzazioni della sua patologia”.