Lo spacciatore, poi diventato pusher, ora chiamato promoter: l’evoluzione del termine con cui i più giovani si riferiscono a colui che vende “la roba” dimostra come l’uso di droghe leggere sia divenuto una normalità.
Il promoter è colui che vende oggetti innovativi, ma anche colui che spaccia. La non percezione del rischio e la normalizzazione dell’uso di droghe leggere sono le due cause principali dell’abbassamento dell’età in cui i ragazzi si avvicinano al mondo della droga, magari con uno spinello in compagnia a 13-14 anni, e dell’aumento della percentuale dei ragazzi che ne fanno uso.
Prevenzione disorganica. La soluzione al dilagare del fenomeno delle droghe leggere tra i più giovani può essere solo una: la prevenzione. I finanziamenti, però, che permettevano alle associazioni di entrare nelle scuole a raccontare i rischi nascosti dietro ad un apparente semplice spinello sono stati venuti a mancare ormai anni fa.
Così, spiega Monica Lazzaretto, responsabile del centro studi della coop. Olivotti, ora la prevenzione viene fatta in maniera disorganica, non continuativa, solo quando arriva qualche contributo dalla Regione. Mentre la prevenzione, oltre che ad essere continuativa, dovrebbe necessariamente coinvolgere tutta la rete sociale che si struttura attorno ai ragazzi: non solo gli alunni delle scuole, ma anche i docenti, i genitori e gli animatori. «Esiste un vero e proprio gap tra ciò che si immaginano gli adulti e ciò che sono effettivamente i comportamenti a rischio degli alunni che iniziano ad avvicinarsi a questo mondo», spiega Monica.
Stessi motivi, ma modalità diverse. I motivi per cui un ragazzo inizia a drogarsi sono quelli che quasi continuamente vengono ripetuti: la necessità di evadere, il sentirsi più grande, l’entrare a far parte di un gruppo, il mettersi alla prova. Ciò che è cambiato sono i mezzi con i quali si può accedere alle droghe.
Esiste lo shopping online anche di queste sostanze, e il prezzo si è abbassato così tanto da poter essere confuso dai familiari con il costo di una pizza: la difficoltà sempre maggiore dei genitori di avere un controllo effettivo sul denaro che entra ed esce dalle tasche dei figli annulla uno dei principali campanelli di allarme.
L’alcol, ormai usato ed abusato dai più giovani, aiuta a cancellare quei freni inibitori necessari a dire “no” all’offerta di sostanze. Un altro fattore critico spesso sottovalutato è la facilità di accesso ai farmaci che hanno i ragazzi: spesso, soprattutto le ragazze, si auto somministrano medicinali, e inizia ad insidiarsi in loro l’idea che esista una pastiglietta che risolve tutti i problemi.
Da qui parte un’escalation che solo i genitori possono bloccare, vietando questo accesso acritico ai medicinali da parte dei loro figli. I social media sono sicuramente un altro veicolo di messaggi sbagliati, in cui la droga leggera viene presentata come un qualche cosa di normale, sottostimandone i rischi.
Prevenzione, per saper dire di no. Essendo impossibile ripulire i social da messaggi diseducativi, evitare totalmente l’accesso ai farmaci o al web, la prevenzione si occupa di offrire degli strumenti critici, che consentono di capire cosa sia giusto e cosa no. Inoltre, i ragazzi hanno fame di riferimenti, di adulti da prendere come modello e di adulti sani, che non siano anche loro nel circolo di qualsiasi vizio.
Se questo modello non viene offerto dal genitore, potrebbe essere offerto dal cantante che urla quanto buona sia la marijuana.
Silvia Marchiori