Con i 50 respiratori arrivati ieri e i 40 arrivati oggi il Veneto amplia la strumentazione a disposizione dei propri ospedali nell’emergenza Covid-19 e porta a 825 i posti di terapia intensiva resi operativi (i posti finora occupati da pazienti affetti da Covid-19 sono 316).
Lo rende noto il presidente della Regione, Luca Zaia, durante l’incontro di aggiornamento con i media. Un numero, quello dei posti in rianimazione, che si è molto alzato per far fronte all’emergenza e che è gestito nella stragrande parte dagli ospedali pubblici (sono 44 i letti di terapia intensiva nelle strutture private).
Fra le dotazioni rese disponibili anche quella delle mascherine a massima protezione: «Abbiamo scoperto un “filone aurifero” – dice Zaia – e abbiamo acquistato due milioni di pezzi di ffp3, quelle con il filtro più efficace. Questo fine settimana ne arriveranno due-trecentomila; le altre la prossima settimana».
Arriveranno infine venerdì – annuncia ancora il Governatore – i primi 100mila kit per la rilevazione veloce degli anticorpi. Il funzionamento del test è semplice: basta una puntura su un dito e dalla goccia di sangue che se ne trae il reagente è in grado di rilevare, in un quarto d’ora, la presenza degli anticorpi del Covid-19. Questo permette di sapere se una persona ha contratto il virus tempo fa, ne è guarito e ha sviluppato i relativi anticorpi.
Una specie di certificato di immunità acquista rispetto al virus, ma la presenza di anticorpi specifici potrebbe servire per sviluppare una cura che si sta pensando di sperimentare. Serve infatti che i pazienti donino il sangue subito dopo essere guariti. Solo durante questa fase, infatti, il siero sanguigno contiene grandi concentrazioni di anticorpi naturali, prodotti per combattere il Covid-19. Una volta estratti ed elaborati, questi possono essere trasferiti in un paziente sano, garantendogli così una copertura immunitaria a breve termine. In base alla composizione e alla quantità di anticorpi, la protezione dovrebbe poi durare da poche settimane a diversi mesi. Potrebbe essere una valida misura di prevenzione per i pazienti più a rischio, come i familiari ancora sani di una persona infetta, o chi lavora negli ospedali curando pazienti malati.