«Amo un’Europa laica, che abbia una visione dell’uomo non confessionale, ma che sia capace di solidarietà e sussidiarietà e che prima ancora della proprietà privata ritenga fondamentale l’impegno per la destinazione universale dei beni. Se si sarà capaci di tradurre questi principi in una politica europea, allora avremo un’anima e supereremo la crisi; altrimenti continueremo a non vedere oltre l’interesse nazionale».
Il Patriarca Francesco sottolinea il ruolo – attualmente, però, il non ruolo – dell’Europa nello sforzo colossale che si deve compiere per superare il dramma dell’epidemia. Lo fa durante la conversazione con Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, che nel pomeriggio di domenica dedica la diretta dal suo profilo Facebook di sindaco a un approfondimento sulla situazione attuale.
«Quando ero bambino – ricorda il Patriarca – facevo i temi sull’Europa, che allora si chiamava Ceca, Comunità economica del carbone e dell’acciaio. Ci dicevano che lì sarebbe stato il nostro futuro. Ma allora avevamo De Gasperi, Schumann, Adenauer: statisti che avevano visione dell’Europa come orizzonte comune, per il bene di tutti aldilà degli interessi particolari».
Il rischio, per noi oggi, se non si riaffacciasse quello spirito sarebbe «di essere condannati a rivedere all’infinito dei film brutti, che abbiamo già visto e di cui sappiamo anche la conclusione».
Il Patriarca aveva parlato di Europa anche nella mattinata, durante l’omelia della Messa celebrata a porte chiuse nella cripta della basilica di San Marco. Le parole erano state anche più forti, ma è il presente stesso a esigerle: «Sono vescovo e non faccio politica – aveva detto mons. Moraglia – ma sento che il silenzio di chi deve parlare, se non parla, diventa una colpa troppo grande».
L’orizzonte prossimo è plumbeo e così rimarrà anche dopo il passaggio della parte peggiore della tempesta Covid-19: «Siamo di fronte a un’emergenza sociale imminente», prevede il Patriarca: «Perciò l’Europa dovrebbe farci vedere, in questa emergenza, quanto è importante. Per troppo tempo, invece, ci siamo ostinati a cucire pezze nuove su un vestito vecchio. L’Europa che oggi dimostra di non esserci, che con i suoi leader esprime le visioni e gli interessi di una parte, sembra non vedere che nei prossimi mesi ci sarà l’emergenza sociale, l’emergenza della fame».
Consapevole che la pandemia da Coronavirus ci ha portati ad un tornante della storia, il Patriarca Francesco sottolinea qual è invece l’atteggiamento da prendere: «È in gioco il futuro della nostra società. Oggi dobbiamo lavorare per il dopo, anche se non sappiamo quanto durerà l’attuale momento di emergenza. Comunque poi ci sarà la ripartenza e bisognerà ripartire con il piede giusto, assumendo una mentalità diversa».
Vale per ciascuno, per le comunità locali e nazionali ma in questo momento, con particolare rilievo, per l’Europa. E si tratta di rifare il percorso di testa e di cuore già sperimentato con successo per ripartire dopo il secondo conflitto mondiale: «Lo sviluppo di quegli anni non è stato frutto di un caso. Qualcuno ha saputo lavorare dal punto di vista politico e della progettualità industriale, dando corpo a un’idea che mi sta molto a cuore: lo sviluppo che ha per esito il benessere di tutti. Perché il benessere di pochi, invece, danneggia non solo i tanti che ne sono esclusi, ma i pochi stessi che ne godono pensando di poter andare avanti da soli».
Giorgio Malavasi