Cercasi almeno dieci indiani o pakistani per accudire le vacche da latte. È una nicchia, decisamente piccola, ma c’è. Tra le imprese di Confagricoltura Venezia che si occupano di allevamento di vacche ce ne sono una decina che hanno bisogno di un dipendente stabile.
Si tratta di mungere tutti i giorni, due volte al giorno, così come di dare da mangiare agli animali, curarne il benessere… Gli italiani non vogliono più farlo e bisogna ricorrere ai lavoratori stranieri. Per tradizione culturale e consuetudine indiani e pakistani hanno una particolare attitudine per questo lavoro e sono molto ricercati. Lo stipendio è interessante – si aggira sui 1700-1800 euro netti al mese – e spesso il datore di lavoro offre al lavoratore la casa (accanto alla stalla) e la possibilità così di ricongiungersi con i suoi familiari. Ma anche in questo caso la grande fatica è trovare gli stranieri che arrivino e accettino.
Inoltre, le aziende di Confagricoltura Venezia stanno cercando per la stagione 2023 circa 90 lavoratori extracomunitari da impiegare nella raccolta di frutta e verdura: il doppio rispetto al 2022 quando le richieste erano state 45. «E abbiamo dovuto a malincuore dire di no ad una nostra azienda che aveva bisogno di 60 lavoratori stranieri, perché il carico burocratico di queste domande è eccessivo rispetto alle capacità della nostra associazione», sottolinea Emanuele Boetto, direttore di Confagricoltura Venezia.
I campi hanno bisogno di operai, che non si trovano. L’esigenza si rinnova anche quest’anno e siccome non ci sono giovani veneziani e italiani disposti a questo tipo di lavoro stagionale, bisogna ricorrere agli stranieri. «Non è facile, però», commenta Boetto: «L’anno scorso la questione ha avuto risvolti tragicomici. In marzo abbiamo presentato in Prefettura domanda per 45 lavoratori extracomunitari, ma a settembre-ottobre le domande non erano ancora state evase». A stagione molto avanzata, insomma, quando la necessità di braccia era massima, le aziende agricole si sono trovate a cercare affannosamente altrove per tirare giù dagli alberi mele, pere e susine.
E quest’anno il bisogno si ripresenta. D’altro canto, per il lavoro di raccolta non occorre personale altamente qualificato o con grande esperienza: un po’ di formazione prima di iniziare è sufficiente. «Quest’anno – riprende il direttore di Confagricoltura – presentiamo 90 domande, per 11 aziende, quindi per una media di sette-otto lavoratori ciascuna. La documentazione da produrre in sede di domanda è cospicua, ma lo facciamo volentieri a patto che si arrivi poi al risultato. C’è qualche segnale di volontà di alleggerire l’iter, ma abbiamo ancora timore che possa finire come l’anno scorso». (G.M.)