Tre appartamenti per dodici ospiti. E cinquanta persone che si sono appassionate ad un progetto di solidarietà. Sono i numeri dell’associazione “Di Casa”.
«Tutto nasce alla vigilia dell’Anno santo del 2015, quando il Papa fa un appello accorato alle parrocchie»: lo ricorda Antonino Stinà, che si fa portavoce dell’associazione (info: dicasa.venezia@gmail.com). «In quell’occasione Francesco chiede a tutte le parrocchie di ospitare una famiglia di migranti. In parrocchia mia non ci si riesce e così, all’inizio del 2016, ci troviamo, con un gruppo di amici, desiderosi di fare qualcosa, ma consapevoli che la risposta non può essere individuale».
Così il 14 dicembre 2016 viene costituita l’associazione “Di Casa»: «E nel giro di tre mesi – prosegue Stinà – vengono raccolti dagli associati dei prestiti, cioè dei denari che ridaremo a chi li ha offerti. Si tratta di somme compatibili con le disponibilità di famiglie normali, da 500 a 3.000 euro a testa».
Con quei soldi l’associazione acquista un appartamento a Marghera, lo restaura e, a fine giugno 2017, lo rende disponibile, accogliendo un primo nucleo di sei giovani donne provenienti dalla Nigeria. «Tutti noi, però, a quel punto riteniamo anche di individuare un partner, perché noi non siamo professionisti dell’accoglienza, ma persone di buona volontà. Riteniamo, invece, che questa attività di accoglienza vada fatta in modo professionale. Perciò abbiamo scelto la cooperativa Il Lievito di Mestre».
Ed è proprio grazie alla cooperativa che si riesce a superare una delle fatiche tipiche di queste esperienze: le diffidenze dei vicini di casa, nel condominio. «Questo fastidio – chiarisce Silvia Tonicello, che guida la coop – si placa con la prossimità. Abbiamo dovuto incontrare le persone dello stabile e, parlando, buona parte dei pregiudizi e delle perplessità sono cadute: il dialogo mette nelle condizioni di essere ricettivi. Riceviamo ancora telefonate di protesta, ma poco concrete. Oggi ci sono rapporti di vicinato normali, come accade nei condomini dove non ci sono stranieri».
L’esperienza procede, dunque, positivamente e, a dicembre 2017, grazie ad alcune altre famiglie, ci si fa carico di altri quattro giovani migranti: «L’associazione – racconta ancora Antonino Stinà – affitta un appartamento, sempre nella terraferma veneziana, e ospita quattro giovani che hanno concluso il tempo della prima accoglienza e si affacciano sul mondo del lavoro. Qualche reddito, sia pure discontinuo, ce l’hanno; ma il problema è che i redditi precari non aprono loro le porte di nessuna casa. Quindi ce ne siamo fatti garanti noi, anche se sono loro a pagare l’affitto».
Ma non c’è due senza tre: è di pochi giorni fa la firma per un ulteriore contratto d’affitto: «Un altro alloggio, in cui già abitano quattro uomini. Non sono solo migranti – conclude Stinà – ma anche connazionali che vivono momenti di particolare fragilità. “Di Casa” vuole essere aperta per dare un tetto anche gli italiani».
Giorgio Malavasi