Visti, innamorati, fidanzati, sposati. Ma di partorire quattro figli non ne avevano mai parlato. Eppure, arredando casa, si sono diretti subito verso quel tavolone grande, da 8 posti. Francesco e sua moglie Elisa l’hanno comprato.
«Perché la nostra idea era che casa nostra fosse una casa aperta e accogliente. Che poi fosse accogliente per le persone che venivano da fuori o da dentro, questo forse non lo avevamo chiaro. Ma quello che sognavamo per la nostra famiglia era che fosse aperta».
Il tavolo si riempie, a volte trabocca. Così è stato per i due giovani margherini della parrocchia di San Pio X. Che ora sono lievitati a sei. «Il fatto che siano arrivati quattro bambini ci ha permesso di riempire quel tavolo. Adesso è anche ristretto, quando ci troviamo con i cognati, che ben che vada siamo almeno in dieci».
Nel frattempo gli ottantenni superano per la prima volta nuovi nati in Veneto. I Baso si oppongono all’onda della denatalità. E remano a mani nude, considerando che nel 2018 nel Veneto i bebè sono stati mille in meno rispetto all’anno prima. L’Ufficio statistico della nostra Regione dice che per la prima volta nella storia del Veneto il numero dei nati è sceso sotto quello degli ultra ottantenni. Gli ultimi sono 38.681. E tra loro ci sono 1.196 centenari. Se allarghiamo l’orizzonte a chi ha superato i 75, se nel 2017 erano il 12,5% della popolazione (615.558), tra vent’anni, dice l’Ufficio regionale, saranno il 18%. Un allungarsi dell’aspettativa di vita che, sostiene l’osservatorio, «mette a rischio l’equilibrio demografico». Così come «l’assottigliarsi del contingente demografico delle madri potenziali e lo spostamento delle gravidanze verso età più avanzate».
Mamme venete: trentadue anni e un solo figlio. In effetti in Veneto l’età media del primo parto è 32 anni, un anno in più rispetto al 2008. E spostando sempre più in là il concepimento, rendendolo spesso più difficile, la conseguenza diretta è il calo delle nascite. Nel 2018 in Veneto si è arrivati a 1,36 figli per donna, a fronte di una media europea di 1,59.
Ma i Baso remano contro. La signora Baso è a quota quattro, per ora. «No, per adesso non ce ne sono in programma altri – ride il marito -. Abbiamo raggiunto la capacità massima dal punto di vista del tempo. Il riuscire a giostrare tutti gli impegni nostri e dei bambini forse è il problema più grande. Andare a prenderli in tre scuola diverse, in orari diversi. Quelli un po’ più grandi hanno il catechismo, lo sport. E in più ci sono i nostri lavori. Se non ci fossero i nonni ad aiutarci sarebbe difficile, molto difficile».
La loro storia. Lui impiegato, lei insegnante. Lui 37, lei 36 anni. Si fidanzano a 18. Si sposano a 26. E subito il primo, il secondo, il terzo e il quarto figlio. Ora hanno 10, 8, 6 e 3 anni. Che fino a quarant’anni fa era cosa comune, ora è l’eccezione. Ad alcuni fa pure storcere il naso. «Quanti figli avete? Quattro!? Coraggio…». «È la reazione più frequente» conferma Francesco.
Anche quando ne avevano “solo” tre. Una volta una banca, saputo il numero dei figli, ha rifiutato un finanziamento. «In un’altra invece non mi hanno fatto problemi. Per alcune banche avere tanti figli è un grosso handicap, per altre, per fortuna, no».
Da quattro a sei, cambiando il ritmo. Loro di figli ne immaginavano due, «ma non ci siamo mai posti il limite di dire no, mai più». E sono arrivati gli altri due. «Ogni volta pensavamo “Adesso come faremo a gestire e riorganizzare tutto?”. Poi abbiamo visto che alla fine è un semplice abituarsi al ritmo nuovo. Il primo periodo è da mettersi le mani nei capelli, poi pian piano ci si abitua e non ci si fa più caso».
Sposarsi alla ricerca della stabilità, non viceversa. A chi si ama ma aspetta di avere il lavoro giusto, a tempo indeterminato, la casa, la stabilità per mettere radici, i Baso rispondono con un rischio che, «sorprendentemente», ha rimesso tutto a posto: si sono sposati e hanno figliato senza garanzie, senza paraurti. E la stabilità è arrivata come conseguenza inaspettata. «Ci siamo fidati parecchio – dicono -. Quando abbiamo deciso di sposarci io stavo facendo uno stage, mia moglie era a tempo determinato. Un mese dopo il matrimonio ci siamo ritrovati tutti e due con un contratto a tempo indeterminato in mano».
«Fidatevi della provvidenza. Con la paura non si costruisce niente». Ma alla fortuna non ci credono. «Secondo me c’è sempre un po’ di Provvidenza. Quando ci si propone di fare un progetto e questo progetto è secondo la volontà di Dio, la Provvidenza aiuta. Non l’abbiamo visto solo con la nostra famiglia, l’abbiamo visto anche con le famiglie di amici. Bisogna anche un po’ fidarsi. Cercare di capire la propria chiamata e fidarsi. È vero, un figlio costa, una casa costa. Però in qualche modo ce la si può fare lo stesso. Fidarsi ti permette di ottenere qualcosa che se avessi aspettato e avuto paura non avresti avuto mai. Capisco chi dice “Non me la sento”, “Non ho un lavoro sicuro”. Ma qualche volta bisogna dire “Ok, andiamo lo stesso”, “Signore, se hai questo in mente per me sono sicuro che non mi farai mancare niente”».
Economia domestica e metodo. Certo quando il progetto entra in quota ci vuole metodo. Anche nell’economia domestica. «Non è facile, a volte bisogna anche decidere quali sono le priorità del momento ed accantonarne altre. Ma abbiamo avuto stili di vita sobri – spiegano – fin da quando eravamo molto giovani. Quindi non possiamo dire che facciamo rinunce particolari rispetto allo stile di vita precedente. Prima, forse, riuscivamo a mettere via più soldi. Ma non posso certo dire che con quattro figli soffro privazioni».
Sos tempo libero. Una cosa che manca c’è, però. «È il tempo libero» ammette Francesco. «Ci piacerebbe avere un po’ più di tempo per noi, per me e mia moglie, da passare assieme. Ma cerchiamo sempre di ritagliarci qualche momento per confrontarci sulla giornata. Parlare assieme è la cosa che ci ha fatto andare avanti fino ad ora. Poter condividere le cose che proviamo ogni giorno è il collante familiare».
Fare figli, una vocazione. La sera dell’anniversario, «almeno quella», finalmente soli. I 364 giorni che restano con «il frutto dell’amore che c’è fra due sposi. Adesso che siamo arrivati a quattro ci siamo guardati e ci siamo detti: “Questo forse è il massimo che possiamo dare”. Uno alla fine capisce fin dove arriva la propria chiamata genitoriale». Quanto fare figli è cristiano? «Penso che siccome essere cristiano vuol dire essere a immagine di Dio e Dio è amore, non può esserci cosa diversa di generare la vita per poterla amare e potersi donare. In questo senso penso che i figli siano un naturale sbocco per un cristiano».
Giulia Busetto