Putin non dev’essere un grande frequentatore di Euripide, il drammaturgo greco vissuto 2500 anni fa. Altrimenti sarebbe andato più cauto nell’invadere l’Ucraina, perché avrebbe saputo quel che Euripide fa dire a Poseidone, il dio del mare e dei terremoti, nella tragedia “Le Troiane”: «Folle è l’uomo che porta la guerra nelle città degli altri, perché il male si ritorcerà contro di lui».
Putin, d’altronde, oltre a Euripide, non conosce la storia e trascura ciò che la storia insegna. Ne è convinto Alberto Camerotto, docente di lingua e letteratura greca a Ca’ Foscari: «Quando un esercito entra in una città e la sua azione violenta tocca le persone che non combattono e che nella città vivono – che si tratti di Roma, Stalingrado, Berlino o Sarajevo – la civiltà è finita. In quel momento non siamo più uomini, non siamo più civiltà. E si capisce e si apprezza perché l’Europa, di fronte alla devastazione portata dai russi nelle città ucraine, abbia agito con compattezza e fermezza».
La civiltà, costruitasi faticosamente nei secoli, che pone al centro la persona, la sua umanità e la sua rete di relazioni, si ribella di fronte a chi calpesta questi principi e reagisce. E, come prevedeva Euripide, può scombinare i piani di chi porta la guerra. Specie di chi, saturo della sua arroganza, pensa di sistemare le cose a suo piacimento con una guerra lampo. La storia, appunto, insegna anche in questo senso, e il mito la precede: «La guerra di Troia – riprende il prof. Camerotto – dura dieci anni. Dieci anni sono il simbolo della guerra infinita, che è iniziata con una previsione di brevità e che invece non finisce mai. D’altro canto, quando si inizia una guerra, per via dei meccanismi che si innescano – sangue chiama sangue – la teoria della violenza non ha fine. E non si vince per onore, ma per inganno, portando devastazione; ma questa toccherà anche a chi porta il disastro nella città degli altri». E, d’altro canto, non sarà l’invasore, ma uno degli invasi, Enea, ad aprire un luminoso ampio capitolo di una nuova civiltà.
Ma uscendo dal mito che, sottolinea Camerotto, è più vero della realtà, si può guardare a cosa è successo nel nostro recente passato: «La guerra lampo di Hitler, che inizia nel ’39 e finisce solo sei anni dopo con la devastazione della Germania e dell’Europa. O la guerra avviata nel ’14 dall’impero asburgico, che conta di prevalere presto e invece quattro anni dopo deve capitolare e sparire. D’altro canto, anche noi italiani, nel 1940, plaudiamo al Führer e portiamo la guerra agli altri, salvo “prenderle” praticamente subito».
Putin legga anche questi capitoli di storia, su qualche manualetto, e rifletta: «D’altro canto – spiega il docente di Ca’ Foscari – dall’origine della civiltà, da quando esistono la conservazione delle idee e un pensiero collettivo, la storia ha questa funzione: è un monito importante. Ciò che è avvenuto nel passato deve servire come insegnamento nel presente» E sono ancora la storia e il pensiero antico a dire già chiaramente che cos’è che scatena la guerra: «Secondo gli antichi è la hybris, l’arroganza, la superbia, la mancanza del senso del limite che consente di capire come funziona il mondo».
Putin, per via del suo governo autocratico, incarna questa tracotanza: «Forse anche perché – aggiunge Alberto Camerotto – è da troppi anni al potere e al suo potere non ha freni». O forse perché inizia a sentire che il tempo stringe, dato che sta per compiere 70 anni. E comunque perché la democrazia è all’opposto della sua idea di civiltà: «La democrazia è una cosa difficile perché l’uomo solo al comando sembra più efficiente. Ma i limiti della democrazia sono il meglio che la natura umana ha prodotto e fanno bene».
L’uomo solo al comando, che non conosce il mito e neppure la storia, è proprio perciò particolarmente pericoloso, perché non “funziona” come la civiltà fondata sulla centralità della persona. Senza freni culturali né morali, può mettere il dito sui bottoni dell’irreparabile, quelli della bomba atomica.
Per evitare la catastrofe, conclude il prof. Camerotto, vengono in soccorso ancora la storia e il pensiero classico: «Oggi a Biden, ai leader europei e alla Nato serve la “metis”, una parola greca che indica l’intelligenza vivace, pratica, capace di adattarsi alle circostanze e a superare le avversità. La metis è la capacità di pensare le cose prima che avvengano; è una virtù costitutiva della sopravvivenza umana. È la dote di Prometeo, colui che rubò il fuoco agli dei per darlo agli uomini. Il nome Prometeo significa proprio “colui che riflette prima”. È proprio ciò che serve oggi all’Occidente di fronte a Putin: capire cosa potrebbe succedere prima che succeda».