C’è una legge della Regione Veneto, emanata due anni fa, che potrebbe in gran parte risolvere il problema dei danni causati all’agricoltura dalla fauna selvatica, ma non è mai stata utilizzata. Probabilmente perché non conosciuta.
Così cormorani, lepri, nutrie, scoiattoli grigi, cinghiali, oche e tanti altri animali continuano a banchettare tra vigne e campi di mais, tra frutteti e orti, senza che gli agricoltori possano contrapporre armi efficaci. E i danni, in un anno, sono calcolati in 70 milioni di euro, pensando alla sola perdita di fatturato agricolo nel Paese.
È il paradosso emerso dal convegno promosso da Confagricoltura Venezia sulla gestione della fauna selvatica, tenutosi nel pomeriggio di venerdì 12 al Centro Card. Urbani di Zelarino.
Le perdite – segnala il naturalista Giacomo De Franceschi – oscillano fra il 10 al 30% dei ricavi potenziali da coltura. E sono ben 64 le specie animali che, nelle regioni del Nord Italia, producono danni nei campi alle colture.
Ma c’è anche chi arriva ad azzerare del tutto i guadagni e a trovarsi con più spese che ricavi. È il caso, per esempio, degli imprenditori delle valli da pesca veneziane: qui l’incremento notevolissimo dei cormorani azzera le produzioni. Migliaia di uccelli che si tuffano e ogni giorno mangiano, ciascuno, quattro etti di pesce, comporta che centinaia di quintali di prodotto ittico se ne vadano nella pancia degli uccelli. E che gli imprenditori stiano meditando la chiusura dell’attività di allevamento e pesca. Lo conferma, tra gli altri, Matteo Poja, responsabile del settore vallicoltura di Confagricoltura Venezia.
Che fare, dunque? «La soluzione c’è già», sostiene Sergio Berlato, presidente della Commissione regionale Politiche agricole, Caccia e Pesca: «Da due anni è in vigore una legge regionale che consente alla Giunta regionale, con una semplice delibera, dopo aver raccolto il parere dell’Ispra, di attuare piani di contenimento di tutte le specie di fauna selvatica, nel rispetto delle direttive comunitarie». (G.M.)