Ammalati, soprattutto anziani, che hanno bisogno di cure e che non possono più stare in ospedale, e giovani: sono queste le nuove povertà emergenti nel territorio diocesano, sono queste le persone che sempre di più si rivolgono oggi alle strutture della Caritas veneziana. Lo dice il direttore Stefano Enzo, ospite giovedì 16 novembre dell’incontro “Migranti e italiani sulla stessa barca?”, organizzato dalla cooperativa sociale Gea, in collaborazione con la Camera Penale Veneziana e la sezione locale dell’Associazione Italiana Donne Medico, allo Spazio Open by Testolini di via Paganello a Mestre. Un dibattito in programma proprio nelle stesse ore in cui il patriarca Francesco Moraglia spalancava le porte delle comunità parrocchiali della Riviera del Brenta ai profughi in marcia da Cona a Venezia e a tre giorni dalla Giornata mondiale dei Poveri, celebrata domenica 19.
Cristiani sentinelle. Mense, dormitori e centri d’ascolto del territorio sono affollati per lo più da italiani, ormai al 70%. Ma la fotografia che rilancia il diacono Enzo è ben diversa dal povero a cui si è abituati, quello visibile, quello, per capirsi, che chiede la carità alle porte delle chiese, agli angoli delle strade o sotto i portici del centro. «Italiani e migranti – dice il direttore a margine dell’incontro – sono sulla stessa barca. Non si possono fare categorie e distinzioni. Il povero è il nostro vicino di casa. Dobbiamo saper ascoltare e osservare i bisogni della gente che vive al nostro fianco. Come dice papa Francesco, per primi noi cristiani dobbiamo essere sentinelle: questo è il nostro compito, non possiamo sempre lasciar la delega agli altri». Giovani senza futuro. Metà italiani e metà stranieri i malati e i giovani che chiedono aiuto. «Quella dei giovani – sottolinea Enzo – è una povertà nascosta, ma consistente. Secondo l’ultimo rapporto Caritas, i ragazzi sono i più penalizzati dalla povertà e dall’esclusione sociale: i figli stanno peggio dei genitori, i nipoti peggio dei nonni». Ragazzi che non hanno lavoro, che non hanno casa, che vivono ancora con i genitori. «Sono queste – prosegue – le povertà emergenti: quelle in cui manca un’idea di futuro, la possibilità di progettare una vita, una famiglia. Non sono poveri ora, perché vivono in casa. Ma lo saranno presto».
Emergenza Marghera. A preoccupare la Caritas, poi, è anche ciò che potrebbe succedere nei prossimi anni a Marghera, soprattutto sul fronte sfratti. «Marghera – aggiunge il diacono Enzo – è una zona a rischio. Ci sono sempre più persone disoccupate, che hanno perso il lavoro e devono comunque pagare l’affitto, persone che non ce la fanno più». Dove prima, magari, erano in due a lavorare, oggi si vive con il solo magro stipendio di 4-500 euro della madre impiegata part time: impossibile mantenere la famiglia.
Soluzioni possibili. Cibo e vestiario, ma anche pagamento delle bollette o dei canoni d’affitto, domande di lavoro, di alloggio e di assistenza sanitaria, dunque, le richieste più frequenti che raccolgono gli operatori nei centri d’ascolto della Caritas veneziana. Tra le soluzioni possibili, la collaborazione tra istituzioni per trovare risposte condivise nell’accoglienza e nella politica abitativa. «Caritas – ha spiegato il direttore – non può avere le soluzioni per tutto. Ma bisogna ascoltare le persone, perché così si ridà loro dignità, le si accetta. Poi, lavorare in rete per confrontarsi e scambiarsi dati e notizie. Infine sono convinto che si debba ripartire dalle famiglie, sia nel senso dell’accoglienza diffusa degli stranieri, accogliere cioè l’intero nucleo familiare, sia per gli italiani. Quando tu a tavola cominci a parlare con tuo figlio di questi temi, i timori si superano. Bisogna far capire che quell’amore che c’è all’interno della famiglia, va riversato anche all’esterno. Questo non risolve i problemi, ma il rapporto si metterà alla pari. Non per niente la famiglia è chiamata la piccola chiesa domestica. Noi dobbiamo puntare tutto su questo».
Chiara Semenzato