Si concluderà domenica 7 luglio alla presenza di Papa Francesco la 50ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Trieste apertasi lo scorso mercoledì 3 luglio con il saluto del Presidente Mattarella. “Al cuore della democrazia, partecipare tra storia e futuro” il tema di questa edizione dell’evento organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana ogni 3-4 anni che, ispirandosi alla Dottrina Sociale della Chiesa, mira a promuovere la partecipazione democratica, la pace, il lavoro, il rispetto dei diritti della persona umana, l’ecologia integrale ed un’economia centrata sull’uomo e la natura.
Nate in Francia nel 1904 su iniziativa di un gruppo di laici cattolici e successivamente adottate in diversi paesi europei inclusa l’Italia, le Settimane Sociali mirano ad offrire uno spazio di riflessione e dialogo sui principali problemi sociali e politici del tempo, educare e formare i partecipanti alla dottrina sociale della Chiesa, elaborare proposte concrete e pratiche per affrontare le sfide sociali, economiche e politiche, promuovere l’impegno dei cattolici nella vita pubblica e sociale del paese. La prima Settimana Sociale dei Cattolici italiana si tenne a Pistoia nel 1907.
Elena Granata, docente di Urbanistica del Politecnico di Milano e Vice Presidente della Scuola di Economia Civile di Firenze, è una dei membri del Comitato di dodici esperti che si è occupato di progettare ed organizzare la Settimana Sociale dei Cattolici di Trieste.
Professoressa Granata, con quali aspettative la Chiesa Italiana si è riunita a Trieste nel segno della Dottrina Sociale della Chiesa?
C’è attesa. Attesa di cosa? Forse di una ritrovata capacità di ascoltarsi e di dialogare intorno alle grandi questioni del nostro tempo. Le persone non si attendono indicazioni dall’alto, orientamenti rigidi ma che si aprano spazi di confronto e di generazione di idee e di progetti. Vediamo tutti che la democrazia si sta impoverendo e che molte persone – anche tra i cattolici praticanti – rinunciano al voto e ad ogni forma di partecipazione politica e civile.
Quanti sono e con quali criteri sono stati scelti i delegati e le delegate che partecipano ai lavori?
Le Settimane sociali di Trieste sono rivolte ai delegati: saranno un migliaio e sono stati indicati dalla Diocesi, con un’attenzione forte alla presenza di donne, almeno 1/3 di ogni delegazione e di giovani, almeno 1/3. Alle diocesi più grandi è stato chiesto di coinvolgere anche persone di altra nazionalità. Molti giovani avranno un ruolo di conduzione e moderazione dei confronti pubblici. In aggiunta, per la prima volta, abbiamo deciso di aprire gran parte del programma (le Piazze tematiche, la condivisione di Buon Pratiche, gli spettacoli, i momenti pubblici con papa Francesco, i momenti conviviali), al pubblico, in primis ai triestini che ospiteranno la manifestazione.
Finita la Settimana Sociale di Trieste, quale sarà il ritorno per le comunità cristiane italiane? E per la società italiana tutta?
Le rivoluzioni nascono così. Dal basso, da un piccolo gruppo di persone capaci di guardare oltre le miserie e le crisi che pure tutti vediamo. Se tutto si chiudesse con un amen dopo la Messa del Papa del 7 luglio avremmo certamente combinato poco. Se avremo insieme riscoperto il gusto e il senso del nostro dire, fare e partecipare, forse potremo dire che non tutto è ancora perduto. C’è grande attesa, c’è un grande bisogno di trovare strade comuni. Per questo motivo abbiamo pensato Trieste come una tappa di un viaggio che proseguirà. Ci interessa apprendere un metodo di partecipazione e condividere uno stile – intelligente e mite – di confronto.
Fabio Poles