La Regione assicura che si tratta “solo” di un cambio di nome e che nei fatti nulla verrà modificato. Ma quella classificazione purtroppo sa tanto di retrocessione. Nel nome e nei fatti. Parliamo dell’Ospedale Civile di Venezia che, nelle nuove schede definite dalla Regione Veneto, passa da struttura “spoke”, cioè con valenza provinciale di rete, a “ospedale di base”. Una ridefinizione che suona incomprensibile, visti i numerosi investimenti recenti fatti ai Ss. Giovanni e Paolo, cui viene riconosciuta ancora l’eccellenza in numerosi ambiti. Per questo la città, nelle sue diverse articolazioni, si sta mobilitando.
Domenica mattina cittadini e associazioni si ritroveranno davanti all’ingresso monumentale dell’ospedale per far sentire la propria voce. Ma anche il Comune di Venezia non è rimasto a guardare. In qualità di tutore della salute pubblica, il sindaco con la sua giunta hanno annunciato battaglia: saranno presenti in V commissione regionale per far comprendere la specificità della città d’acqua e la necessità che il presidio sanitario non venga modificato di una virgola.
Anche il presidente dell’Ordine dei Medici Giovanni Leoni ha lanciato un appello perché non avvenga questo declassamento. Si teme una progressiva riduzione dei servizi sanitari al cittadino. Se si va a guardare le normative, si scopre che in un ospedale di base sono previsti “Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità sulle 24 ore (h.24) di Radiologia, Laboratorio, Emoteca”. E tutto il resto? Non si può pensare di appoggiarsi all’ospedale dell’Angelo a Zelarino per urgenze e ricoveri in altri settori: in caso di infarto o ictus cosa succederebbe? Muoversi a Venezia non è come spostarsi in terraferma, questo lo dovrebbero sapere anche i compilatori delle nuove schede. I tempi sono molto più lunghi e ci si deve per forza appoggiare a mezzi acquei, ambulanza, ma anche vaporetto o taxi se proprio necessario. Tempi che per raggiungere Zelarino non farebbero altro che lievitare, mettendo a rischio la salute dei veneziani. Davvero qualcuno intende prendersi la responsabilità di questi rischi?
C’è poi il “fattore” Venezia che subisce l’ennesimo colpo. Per far vivere questa città servono residenti e servizi. Invece la si sta svuotando poco per volta. Anche qui: chi si assumerà la responsabilità di questa perdita?
Serena Spinazzi Lucchesi