«I bambini, quando arrivano, ti mettono alla prova. Il loro obiettivo è difendersi dalla sofferenza; allora ti provocano, è come se volessero testare quanto è forte la tua convinzione. Come se volessero vedere se sei disposto ad amarli davvero. E’ solo passo dopo passo che diventi il loro genitore, piano piano diventi anche il confidente del loro passato, di cui le nostre figlie sono molto gelose e che entra a far parte come un’intima confidenza della storia della famiglia. Per noi e le nostre bambine è stato così».
«Non è un mercato: avremmo accettato il primo abbinamento». Renata oggi ha due figlie che hanno da poco compiuto 10 anni. Un’attesa di nove mesi, neanche a farlo apposta, ha portato lei e suo marito la scorsa estate a rispondere alla chiamata che diceva loro che sì, l’abbinamento era stato fatto: sarebbero diventati genitori di due sorelle gemelle.
«Per scelta avevamo deciso che avremmo accettato il primo abbinamento proposto. Non ci piaceva l’idea di scegliere come fossimo dentro un mercato. Sono passati solo otto mesi da quando le abbiamo conosciute e già abbiamo fatto passi da gigante» racconta Daniela.
E l’ultimo di quei passi è avvenuto domenica 3 febbraio, durante la messa nella parrocchia mestrina di S. Maria Goretti, dove la loro famiglia, insieme ad altre tre, ha ricevuto la benedizione dell’adozione.
«Noi siamo credenti, non siamo praticanti – continua Daniela – ma abbiamo voluto vivere questo passaggio a partire dall’esperienza vissuta all’interno dell’associazione Aibi di Pordenone, nella quale è molto sentita anche la dimensione spirituale dell’esperienza dell’adozione e dove possiamo vivere un percorso insieme ad altre famiglie. Condividiamo le gioie e le preoccupazioni, abbiamo intrecciato le nostre esperienze, la nostra amicizia. Con chi l’ha fatto dieci anni fa, con chi era insieme a noi a Santiago del Cile, quando abbiamo vissuto i primi tre mesi insieme alle nostre figlie. Le nostre esperienze si sono intrecciate e continuano ad essere unite».
Un aspetto importante, quello della condivisione, anche perché dopo il lungo, profondo e spesso difficile percorso di coppia che porta all’adozione, in questo caso internazionale, non esistono formule o ricette per costruire una nuova famiglia.
L’unica base, da raggiungere faticosamente, è la fiducia facendo fronte ad un fardello che è in assoluto il più pesante da affrontare per un bambino, quello dell’abbandono. «Io penso che un bambino potrebbe stare sotto un ponte, senza avere neanche il pane, ma con la mamma e il papà ed essere felice. Ma l’abbandono è un’altra cosa. Quando noi ci dobbiamo separare da una persona cara – continua Daniela – sentiamo il dolore ma abbiamo la certezza dell’affetto che c’è stato. Le nostre bambine invece hanno in loro tutti i ricordi, percepiamo la loro paura di lasciarsi andare. Non sono la povertà o le condizioni di vita il problema, niente affatto. E’ proprio la mancanza di una famiglia. E’ lo stare assieme che vogliono, noi assieme tutti e quattro: le nostre bambine ce lo chiedono in continuazione».
Adozione solo per coppie davvero motivate. Un percorso che si apre passo passo, per il quale occorre tenere duro fin dall’inizio: «All’adozione arrivano le coppie davvero motivate. Il percorso lungo di preparazione scava a fondo e ti fa crescere come coppia, ma occorre essere molto convinti entrambi, altrimenti la differenza emerge. E solo la coppia sa dove può arrivare e cosa si sente di fare, nessuno da fuori lo può imporre o determinare».
La variabile più importante resta l’amore da accogliere e coltivare, di chi vuole diventare genitore.
Maria Paola Scaramuzza