Da Marghera padre Agostino mancava ormai da trent’anni, ma appena la notizia della sua morte si è diffusa un‘ondata di ricordi ha pervaso la mente e il cuore di tante persone che qui l’hanno conosciuto.
Il suo cognome Faedo era quasi sconosciuto qui a Marghera. Il suo nome era e resta legato soprattutto alla parrocchia di S. Antonio e alla Casa del Fanciullo, diventata parrocchia dei Santi Francesco e Chiara. Nato a Chiampo il 15 febbraio del 1930, si è spento venerdì 1° febbraio scorso nella Casa del S. Cuore di Saccolongo, dove era ricoverato da oltre un anno, a pochi giorni prima del suo 89° compleanno. Francescano dei Frati Minori, sacerdote il 24 giugno del 1956 a Motta di Livenza, non avrebbe mai immaginato che, sessant’anni dopo, esattamente il 25 novembre del 2016, alle 7 di mattina, avrebbe concelebrato in Vaticano, a Santa Marta, con un Papa di nome Francesco. E questo per padre Agostino è stato il regalo più bello non solo per il 60° anniversario di ordinazione, ma per tutta la sua vita.
Molta gente da Marghera al suo funerale (nella foto di apertura), martedì scorso 5 febbraio, presieduto nella chiesa del beato Claudio di Chiampo da fra’ Claudio Battagion, guardiano del santuario mariano di S. Vito al Tagliamento. Presenti le parrocchie di S. Antonio e dei Santi Francesco e Chiara, con i parroci fra’ Roberto Benvenuto e don Marco De Rossi. A dargli l’ultimo saluto anche Flora, suo marito Tarcisio, e il fratello Mario, che insieme alla loro madre novantaquattrenne, la signora Flavia, ci aiutano a ricordare l’amico padre Agostino.
Nel ’57, un anno dopo l’ordinazione, arriva qui a Marghera, nella parrocchia francescana di S. Antonio, dove, come racconta Tarcisio, iniziò il suo servizio pastorale come assistente dei giovani dell’Azione Cattolica. Dopo un intervallo di due anni in Calabria, ritornò a S. Antonio a guidare l’Azione Cattolica e a rivelare il suo carisma di animatore instancabile e innovatore.
Introdusse incontri in comune tra ragazzi e ragazze dell’Azione Cattolica; tanti sessantenni-settantenni di adesso ricordano ancora le gite sulla neve in montagna. Agli inizi degli anni ‘70 riceve l’incarico di seguire le famiglie frequentanti la “Casa del Fanciullo”, dove non erano più ospitati i bambini orfani della Seconda Guerra Mondiale, per cui padre Augusto Bianchin l’aveva costruita, ma che era diventata luogo di aggregazione giovanile per il crescente quartiere intorno a Via Beccaria. Era come “una succursale” della parrocchia di S. Antonio. Flavia era una delle tante catechiste per gli affollati gruppi di catechismo di allora: nella strapiena chiesetta si incominciano a celebrare battesimi, prime comunioni e cresime; nascono i gruppi “Anziani“, “Famiglie” e “Natalina”.
La pastorale di padre Agostino pone le basi della comunità cristiana, che diventerà nel 1988 la parrocchia dei Santi Francesco e Chiara, il cui primo parroco sarà don Ottavio Trevisanato. Come è umanamente comprensibile, molto sofferto fu il passaggio alla diocesi di questa comunità fondata da padre Agostino, che di conseguenza dovette partire per altre destinazioni: Gemona, Cormons, Forno di Zoldo, Arabba, «dove – ricorda Mario – ha lasciato il suo cuore di alpino».
E gli Alpini hanno partecipato numerosi al suo funerale. «Era schietto e non amava il nì – testimonia Flora – il suo parlare era o sì o no e non usava giri di parole, per cui alcune persone non lo seppero apprezzare nel modo giusto. Però aveva tutti amici e tutti gli aprivano la porta. Aveva una fede cieca nella Provvidenza. Gli fu regalato anche un furgone; procurava e portava a casa agli ammalati le bombole di ossigeno; pagava a chi non ce la faceva le bollette della luce». La signora Flavia ricorda come «non chiedeva e non teneva niente per sé, ma quello che riceveva lo girava a chi ne aveva bisogno». Diede a Marghera un campo di calcio per i ragazzi e le associazioni, come il Real Marghera.
Mario ricorda quella partita che organizzò tra “Cappuccini macchiati contro Padri di famiglia”, in cui lui con la sua altezza e il fisico di atleta giocò da portiere. Alla Casa del Fanciullo padre Agostino vestiva spesso in tuta, ma fuori sempre da frate, precisa Tarcisio, che ricorda anche l’attività di basket, che aveva fatto sorgere nel campetto del patronato di S. Antonio, da dove verranno fuori la squadra Leacril-Ducotone e il nazionale di basket Forti, ma anche il portiere di calcio Ivano Bordon, numero 1 dell’Inter e della Nazionale. Anche la sfilata dei carri di Carnevale a Marghera affonda le sue origini nelle iniziative di padre Agostino: si vestiva da vecchietta, col carrettino e i ragazzi dietro sfilava per le strade.
Ma sotto la maschera padre Agostino non perdeva la sua autenticità, la sua passione per l’umanità, in cui credeva tanto perché luogo dell’incarnazione del Figlio di Dio.
Gino Cintolo