Si consolida, con un costante flusso di iscritti dopo la “ripartenza” di un paio di anni fa, la Facoltà di Diritto canonico San Pio X che ha vissuto nei giorni scorsi a Venezia il suo Dies academicus.
Nella relazione di apertura lo ha rilevato il preside mons. Giuliano Brugnotto: «Gli alunni iscritti alla licenza nell’anno accademico in corso sono 53 ordinari e 3 ospiti per un totale di 56 alunni così distribuiti: 20 al primo anno della licenza, 21 al secondo anno, 15 al terzo anno. Al corso del dottorato vi sono poi 79 iscritti. Complessivamente vi sono 132 iscritti ordinari e 3 ospiti per un totale di 135 studenti. Nell’anno 2015/2016 sono state conseguite 16 licenze e 5 dottorati». Variegata, come di consueto, la nazionalità degli studenti: oltre una cinquantina sono, infatti, i sacerdoti stranieri provenienti soprattutto dall’Africa (Nigeria, Kenya, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Burkina Faso, Tanzania, Ghana, Togo, Costa d’Avorio e Mozambico), dall’Est Europa (Croazia, Romania, Polonia, Lettonia, Kosovo, Serbia, Slovacchia e Ucraina), dall’Asia (India, Sri Lanka, Taiwan e Malesia) e uno anche dall’America Latina (Colombia). Tra gli italiani non mancano poi gli studenti laici (16 per la licenza, 37 per il dottorato).
Accanto alle attività accademiche ordinarie sono da segnalare anche seminari, giornate di studio e diverse iniziative di approfondimento (spesso in collaborazione con altri enti ed istituzioni e su tematiche varie, dalla pastorale familiare alle scuole cattoliche, dalla gestione dei beni ecclesiastici alla ricerca storica) nonché quelle del neonato Dipartimento di diritto ecclesiastico.
Nel suo intervento il Gran Cancelliere della Facoltà Francesco Moraglia ha messo in rilievo come l’atto solenne del Dies academicus «raccoglie e certifica la realtà viva della nostra Facoltà di Diritto Canonico, oggi sostenuta dal Patriarcato di Venezia con l’aiuto delle Chiese del Nordest». Il Patriarca si è poi inoltrato nel tema di fondo della giornata evidenziando alcuni elementi importanti nella formazione dei candidati al sacerdozio: «Ciò che deve caratterizzare il presbitero è, innanzitutto, il rapporto personale con Gesù e il legame col presbiterio (Vescovo e confratelli); è necessario sottrarsi da ogni atteggiamento funzionalista che nasce da una teologia monca e, a sua volta, genera un progetto educativo, una spiritualità e una pastorale di stampo riduzionistico.
Il funzionalismo è, alla fine, esito di una mentalità che riduce tutto al fare, per cui il ministero del prete si snatura e ne soffre; così il presbitero, presto, si estenua in quello che fa e non ha più un vero fondamento teologico e spirituale, finendo per rimanere smarrito in una vita efficientista che, per un certo tempo, sembra appagare ma poi, ben presto, mostra la sua insufficienza e genera scontento”. Il sacerdote, allora, “non può stare da solo ma deve avere uno sguardo aperto sulla Chiesa particolare e sulla Chiesa universale, sul mondo. Il realismo cristiano nasce da uno sguardo rivolto a Cristo che – sulla croce – ha le braccia aperte, spalancate. Il prete ha bisogno di conoscere la teologia ma ha bisogno soprattutto, sul piano umano, d’esser persona d’incontro e di relazione. Il prete non è solo capacità pastorali, organizzative, teologiche o amministrative; è sempre qualcosa di più, è il segno di Gesù nella Chiesa e nel mondo».
La prolusione del vescovo di San Miniato mons. Andrea Migliavacca ha puntato l’attenzione sulla vocazione al sacerdozio e sull’identità del presbitero alla luce della nuova “Ratio” (il documento sulla formazione del clero uscito alla fine del 2016) sottolineando tra l’altro le indicazioni su tempi (e fasi) della formazione, primato della “formazione umana” e “formazione permanente”, comunità dei superiori ed équipe formativa, nuovo rilievo dato ai media. “L’avventura della formazione – ha spiegato – in seminario prima e poi quella nel tempo del ministero, camminano con la Chiesa, con il suo collocarsi in un tempo e in uno spazio ben preciso e la figura del pastore, il presbitero, si gioca nel duplice riferimento tra fedeltà al Vangelo, alla chiamata, alla missione di sempre e fedeltà al popolo di Dio, la sua storia, le sue attese, la sua ricerca di misericordia e del dono della Parola».
Alessandro Polet