“Avvento” è una delle parole chiave della nostra fede in Cristo Gesù: è comunemente inteso come il tempo dell’attesa, in cui ci si prepara alla nascita del Redentore. In effetti, etimologicamente questa parola indica il tempo della venuta (<ad+venio). C’è però qualcosa che rischia di sfuggire: non è solo Cristo a muoversi, assumendo la nostra umanità per vivere, morire, risorgere.
Anzi: nell’Incarnazione Dio rispetta i tempi della natura che ha creato – quindi non disdegna l’attesa della gestazione – e il suo avviarsi verso di noi provoca il nostro muoverci verso di lui.
A ben vedere, il nostro movimento si configura come una richiesta, come una preghiera: non c’è nulla, infatti, che noi possiamo fare per “ottenere” Dio, come se fosse il risultato di un’operazione. L’Avvento è il tempo in cui i Cristiani guardano all’avvicinarsi di Gesù e chiedono di essere mossi: chiedono che il vero Dio e vero uomo li attiri verso di sé. Altrimenti l’attesa diventa il tempo dell’indifferenza, una distanza cronologica il cui azzeramento si compie senza riferimento alcuno alla nostra vita.
Il tempo dell’Avvento chiama a raccolta, una domenica dopo l’altra, tutte le nostre dimensioni: lo spirito, la cultura, l’azione nel mondo, la cura degli altri e di noi. E le sospinge, tutte, verso la Grazia di Cristo Risorto, affinché tutte possano essere investite dalla Sua Luce.
Il giorno 15 dicembre, dunque, per vivere fino in fondo questo tempo “strano” dell’attesa e della preghiera, gli studenti interessati si sono riuniti attorno all’esigenza di un’attesa partecipata, viva. Il convento dei Cappuccini della Giudecca (Redentore) ci ha accolti con estrema disponibilità, accompagnandoci nella preghiera comune. Abbiamo deciso di intonare questo ritiro al tema della vocazione: don Francesco Andrighetti e fra Mattia Senzani ci hanno offerto una testimonianza autentica e buona di come si possa dare ascolto alla voce che, nell’avvento che è la nostra vita, ci parla e ci invita a sé.
È stato un momento di incontro e di condivisione, che di certo segna un rinnovamento nel cuore e nello spirito degli studenti che hanno a cuore la Pastorale Universitaria, anche in coloro i quali non hanno potuto essere presenti fisicamente, che abbiamo ricordato nella preghiera.
Se è vero che l’Avvento è un tempo non di statica attesa ma di partecipazione, allora l’ascolto della propria vocazione (che non prescinde dalle pratiche di ritiro, di preghiera etc.) diventa un modo nuovo per partecipare, un modo per mettere a fuoco Colui che stiamo aspettando e ciò vorremmo affidare alle sue mani graziose.
La Pastorale Universitaria ha deciso di vivere questo momento ricordando a tutte le studentesse e a tutti gli studenti la possibilità di prendersi per mano e accompagnarsi, lungo questa attesa, cioè lungo il nostro andare verso Cristo. E ricordando che, se la vocazione è pronunciata sempre dalla stessa voce, la sola capace di risuonare nell’intimità più profonda di ciascuno di noi, d’altro canto essa chiama ciascuno a diverse e molteplici forme di servizio.
I giovani della Pastorale universitaria del Patriarcato di Venezia