«Ai docenti e agli studenti auguro un anno accademico in cui possano percorrere come pellegrini dei cammini di ricerca e di didattica, in cui avvertano la bellezza della loro vocazione in una Facoltà di Teologia a servizio – secondo il suo proprium – delle Chiese del Nordest».
Nell’augurio con cui ha concluso il suo intervento, il Patriarca Moraglia, quale Gran Cancelliere, ha sintetizzato il compito proprio di una Facoltà teologica quale quella del Triveneto, che giovedì 22 novembre ha vissuto il Dies Academicus, a Padova.
«La Facoltà – ha sottolineato mons. Moraglia – svolge la sua funzione pastorale proprio se si pone come istituto accademico, ossia di ricerca e didattica. Fare teologia, infatti, non è far catechesi o tenere un corso di esercizi spirituali. Ed è esattamente questo che la Costituzione apostolica richiede a una Facoltà di Teologia: esser fedele a se stessa».
Il Patriarca, infatti, ha tracciato la propria riflessione proprio a partire dalla recente promulgazione della Costituzione apostolica “Veritatis gaudium” di Papa Francesco, che segue di trentanove anni la “Sapientia Christiana” di san Giovanni Paolo II; il fine dei documenti è riformare e aggiornare gli studi delle Università cattoliche ed ecclesiastiche.
In questo senso anche un altro dei passaggi di fondo: «La Costituzione chiede anche che sia perseguita l’unità del sapere teologico che, per un verso, è strutturale; si parla, infatti di “unità dell’intero insegnamento teologico” finalizzata alla “conoscenza intima del mistero di Cristo perché sia annunciato al popolo di Dio e a tutte le genti”. L’unità del sapere teologico appartiene, poi, alla ratio intrinseca del ciclo istituzionale frequentato da studenti – e fra essi futuri ministri ordinati – che non è detto si iscriveranno al ciclo della licenza e del dottorato. Richiamo e raccomando le parole del Papa: “trattare sistematicamente (…) la dottrina cattolica attinta con la massima diligenza dalla divina Rivelazione”. Tale invito all’unità del sapere teologico, accolto e fatto proprio, garantisce sia l’intelligenza critica della fede sia la dimensione sapienziale-profetica. La prima è propria degli specialisti e penso ai docenti degli istituti accademici della Facoltà, in grado di percorrere cammini rigorosi tanto nella ricerca quanto nella didattica con le competenze proprie degli specialisti; la seconda è la dimensione sapienziale-profetica e, oltre che agli specialisti, appartiene a tutto il popolo di Dio, ai credenti docili all’azione dello Spirito Santo e soprattutto ai semplici e ai retti di cuore».
Un’altra sottolineatura è relativa alle «tensioni fisiologiche tra teologia e magistero, che chiedono d’esser vissute nel rispetto della specificità della funzione propria del magistero e della teologia, riconoscendo la reciproca correlazione e importanza all’interno della compagnia ecclesiale, poiché teologia e magistero, nella diversità dei ruoli, si illuminano a vicenda e, in tal modo, la teologia (insegnamento scientifico) gode di ampio spazio per la sua investigazione in dialogo cordiale col Magistero (insegnamento autentico) che, in certi momenti, è istanza che aiuta a superare incomprensioni o comprensioni riduttive del messaggio cristiano. Il Papa parla esplicitamente di “insegnamento della dottrina cattolica” e di “patrimonio acquisito della Chiesa” come imprescindibili riferimenti per la teologia».
In questo modo la teologia, «messa in guardia da comprensioni insufficienti o restrittive, potrà dedicarsi con le sue specifiche competenze ad una migliore intelligentia fidei e, soprattutto, alle questioni che non hanno trovato ancora una risposta sul piano della dottrina esplicita della Chiesa contribuendo, in fedeltà al suo statuto (scientificità ed ecclesialità), a favorire un’intelligenza più completa della Parola di Dio. Il magistero – ha concluso il Patriarca – avrà dalla teologia quell’aiuto specifico che gioverà al suo esercizio autentico. Teologia e magistero, quindi, si richiamino, avvertendo sempre più il bisogno reciproco».