«La liberazione di Asia Bibi è un momento di soddisfazione e segno di speranza, dono anche dell’operato e del sacrificio di mio fratello»: commenta così la liberazione della donna pakistana Paul Bhatti, fratello e successore del ministro pakistano Shahbaz Bhatti, assassinato nel 2011.
Nel 2010 Asia Bibi, di fede cattolica, era stata condannata a morte per blasfemia.
Il 19 giugno del 2009 venne arrestata nel suo villaggio: alcune sue colleghe, per un diverbio sorto lavorando (Asia era una bracciante a giornata) la accusarono di aver offeso Maometto. Da allora è iniziato un vero calvario: un anno di carcerazione, poi la prima sentenza, con condanna piena, senza attenuanti.
Il marito ha intentato negli anni molti ricorsi e iniziative giudiziarie per ottenere la sua assoluzione. E il mondo cristiano da allora si è battuto per lei, in primis il martire Shahbaz Bhatti, eroico difensore di tutte le minoranze religiose del Pakistan.
«Ci sono state molte pressioni internazionali, non ultima quella recente del Parlamento canadese, per chiedere ai giudici e ai politici pakistani di dimostrare che il nostro Paese è in grado di controllare gli estremismi e tutelare le minoranze religiose» continua Paul Bhatti.
Significativa è la sentenza: 57 pagine, nelle quali si dimostra l’innocenza di Asia Bibi e si ricorda che l’Islam non consente l’uccisione di un innocente e predica il perdono.
Per Paul Bhatti si tratta di una sentenza importante: «Il giudice della Corte Suprema del Pakistan ha sottolineato la sua fede musulmana». Si tratta, dunque, non solo di un evento politico ed umanitario, ma di una nuova comprensione della fede, per consentire la convivenza pacifica di tutte le religioni in Pakistan.
Ora la preoccupazione principale è tutelare la sicurezza di Asia e della sua famiglia. Paul Bhatti ricorda che «anni fa, quando ero ministro, ebbi molte difficoltà a far espatriare una ragazza accusata di blasfemia: fu necessario un elicottero per portarla via dal carcere, davanti al quale si erano raccolte circa diecimila persone. Per fortuna oggi molte persone si sono rese disponibili ad ospitare Asia e la sua famiglia in Italia, Francia e Canada».
Marco Zane