Ha salutato gli amici della comunità neocatecumenale a settembre, durante la liturgia di invio celebrata dal parroco don Marino Gallina nella parrocchia del Sacro Cuore.
Ed è volata a Rivne, nel nordovest dell’Ucraina, per una missione di evangelizzazione. Maria Moressa, 26 anni e una laurea da 110 e lode in Astrofisica, non sa quando farà ritorno in Italia, perché l’evangelizzazione, carisma essenziale del Cammino neocatecumenale, è un impegno “a tempo indeterminato”.
La raggiungiamo al telefono di mattina, prima che esca dalla casa della famiglia spagnola che, in questi primi tempi, la sta ospitando.
«Le cose – spiega – sono andate così: a maggio ho ricevuto dalla mia comunità la proposta di partire, ma non sapevo per dove. Se dai la tua disponibilità, devi essere pronta ad andare ovunque, anche in Africa. È sicuramente un passo molto radicale, una specie di salto nel buio… Soprattutto per una come me, che era convinta non avrebbe mai lasciato Mestre! Però, la decisione non è stata improvvisa, ho fatto un percorso, un cammino che mi ha portata fino a qui».
Ma come è nata in te questa scelta?
Io sono sempre stata una persona curiosa, aperta al nuovo, attratta dalle grandi domande sul mistero della vita, sull’origine dell’universo… E’ per questo che ho scelto di studiare Astrofisica: in un certo senso era una sfida, volevo mettere alla prova anche la mia fede.
E com’è andata? Fede e scienza possono darsi la mano?
Certamente! Dio e la relatività generale possono benissimo stare assieme.
Ti sei laureata col massimo dei voti; non ti sarebbe piaciuto continuare a studiare, a fare ricerca?
All’inizio l’idea era quella, tant’è che in primavera avrei dovuto partecipare al bando di concorso per il Dottorato dell’Università di Padova, ma poi ho rinunciato: ho capito che non era la mia strada. Amo studiare, amo suonare (al Conservatorio ho studiato corno francese, una specie di tromba), sono interessata all’arte e alla pittura, ma negli ultimi due anni non facevo che interrogarmi su che cosa davvero desiderassi, su quale fosse esattamente la mia strada. E quando ho ricevuto la proposta di partire per evangelizzare, ho risposto alla chiamata e ho detto: sì.
Come funziona la tua vita lì? Ricevi uno stipendio dalla comunità?
No: io e l’altra ragazza che è partita insieme a me dovremo lavorare. Per ora siamo ospiti presso una famiglia spagnola, ma non vogliamo pesare troppo sul loro bilancio familiare e stiamo già cercando un lavoro per poter affittare un appartamento. Qui c’è una grandissima povertà: lo stipendio medio è di 150 euro al mese, ma i prezzi sono solo poco più bassi dell’Italia, sicché il costo della vita è altissimo. Però, devo dire che non si vedono mendicanti per le strade: sono poveri ma con una forte dignità. In generale, comunque, l’impressione è quella di trovarsi in un paese da ricostruire, un po’ come l’Italia del dopoguerra.
A proposito di guerra: del conflitto Ucraina-Russia non si parla più, ma tu che sei lì hai percepito qualche segnale di tensione, di conflitto armato?
No, nulla di tutto questo. Ieri ho visto sfilare lungo la strada alcuni autocarri militari, ma qui siamo lontani dal confine, e non si avverte alcuna tensione, nessun segno di un reale conflitto armato.
Torniamo alla tua missione di evangelizzazione: come si svolgerà, in pratica?
Noi saremo i ‘Testimoni dell’amore di Dio’. Compiremo la nostra opera di evangelizzazione un po’ ovunque: per la strada, al supermercato, alle fermate degli autobus… Un po’ come facciamo a casa, in Italia, nei periodi di festività. E aiuteremo le famiglie con i bambini, prestando servizio dove serve, con lezioni di catechismo, momenti di gioco e preghiera per i piccoli. Certo, dovrò imparare bene l’ucraino, che non è per niente facile, e il russo, che da queste parti è più parlato.
Anche se sei lì da poco, ti sei già fatta un’idea delle reazioni della gente rispetto alla vostra missione di evangelizzazione?
Beh, mi sembra che ci sia molto stupore e attenzione. Qui il comunismo ha sradicato profondamente la fede delle persone e, tra i cristiani presenti, la maggior parte è ortodossa, ma ho notato una disponibilità all’ascolto maggiore che in Italia. E poi, siamo molto emozionate perché qui a Rivne si sta costruendo la prima Chiesa cattolica della città, ed è bellissima!
Che cosa ti manca di più, ora che sei laggiù?
La mia famiglia non mi manca perché, grazie alle video chiamate, parlo e vedo i miei genitori e i miei fratelli tutti i giorni. E i miei amici… Molti sono partiti comunque per altri paesi, per lavoro o per studio. Perciò direi che, per il momento, non mi manca nulla.
Maria, se pensassi a te stessa tra dieci anni, come ti vedresti?
Oh, questa è una domandona, non ne ho davvero idea: non so che cosa farò domani, figuriamoci tra dieci anni! Ma una cosa è certa: sono pronta a fare quello che la vita mi metterà davanti. Come dicevo: sono aperta a tutto e le incognite del futuro non mi fanno paura.
Cristina Pagnin