Aprire l’ex chiostro, insegnare ai detenuti alcuni lavori manuali, incentivare e rendere più soddisfacenti i colloqui tra genitori e figli, imparare a prendersi cura dei luoghi in cui si vive. Sono solo alcuni degli obiettivi raggiunti da un progetto messo a punto nel carcere Santa Maria Maggiore di Venezia in cui una nuova area verde, inaugurata mercoledì, è stata messa a disposizione dei detenuti, «un posto – ha spiegato la direttrice Imma Mannarella – in cui i padri possono incontrare i figli più piccoli in un contesto sereno. Fatte le debite proporzioni, come quando una famiglia si incontra ai giardinetti».
Il recupero e la ristrutturazione del chiostro, fino a poco tempo fa sommerso di macerie, calcinacci e materiali di risulta, è stato possibile grazie alla sinergia tra l’amministrazione penitenziaria, l’associazione “La gabbianella e altri animali” e la Confartigianato: guidati dagli educatori e dagli agenti penitenziari, seguiti dai volontari e istruiti dagli artigiani, i detenuti – 23 in tutto – hanno sistemato piazzole e vialetti, intonacato e ridipinto muri, piantato alberi, ridando vita a un luogo abbandonato. «Abbiamo voluto fare – ha sottolineato Carla Forcolin, presidente della Gabbianella – qualcosa per i bambini che non hanno accanto i loro genitori. Un luogo per incontrarli, ma anche per disegnare o costruire una torre con loro. I più piccoli hanno una soglia di attenzione bassa e un’ora di colloquio può essere pesante. Cerchiamo di non farli annoiare, di rendere l’incontro più lieve».
L’auspicio dei volontari, poi, è che questo chiostro possa diventare il cuore pulsante per altre attività, un coro magari o delle rappresentazioni teatrali. «Siamo qui – ha aggiunto Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato Venezia – perché abbiamo capito che bisogna darsi alla solidarietà con uno scopo che guardi più avanti rispetto al quotidiano. La gestione delle sofferenze è uno dei capisaldi per un paese civile: la pena fine a se stessa, la mera espiazione diventa peggiore del male fatto se non c’è speranza». In 5 allora – Francesco Busatto e Matteo Busolin imprenditori edili, l’elettricista Ivan Tosi, il lattoniere Alessandro Goattin e il giardiniere Luca Convertino – hanno insegnato il mestiere ai detenuti, rinunciando al loro compenso per devolverlo alla Gabbianella. «In questi mesi – hanno raccontato – abbiamo provato un’emozione forte, un’esperienza intensa sotto il profilo umano. Oggi c’è una grande soddisfazione. Per noi è facile intonacare un muro o sistemare una fontana. Qui, però, abbiamo capito che per aiutare qualcuno si possono fare anche piccole cose, senza inventarsi chissà che». La speranza, allora, è che l’incontro tra artigiani e detenuti non resti solo un episodio sporadico. «Un modo si troverà – hanno concluso il segretario De Checchi e la direttrice Mannarella – ogni iniziativa viene fatta guardando al domani. Oggi abbiamo seminato qualcosa che darà frutto».
Chiara Semenzato