Ad agosto 2018, nel comune di Venezia, risultavano disponibili su Airbnb 8.025 alloggi, in crescita del 55% rispetto ad agosto 2016, in cui erano pubblicizzati 5.166 annunci. Se in Veneto compaiono in tutto 22.918 annunci, più di un alloggio su tre è a Venezia.
Lo rivela un’analisi del Centro studi di Federalberghi nazionale sugli annunci italiani presenti sul portale Airbnb nel mese di agosto 2018.
Degli annunci presenti su Airbnb.it, secondo l’indagine si evince anche che:
– 6.115 (76,20%) sono riferiti ad interi appartamenti;
– 5.558 (69,26%) sono disponibili per più di sei mesi;
– 5.699 (71,02%) sono gestiti da host che mettono in vendita più di un alloggio.
Il che significa – è il’amalisi di Federalberghi e Ava. L’associazione veneziana degli albergatori – «che ci sono quattro grandi bugie da smascherare»:
– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi; situazione che a Venezia riguarda il 71,02% delle offerte del portale;
– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare: nel 76,04% degli alloggi offerti nel comune di Venezia, gli annunci pubblicati su Airbnb si riferiscono all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno;
– non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno (il 69,26% a Venezia)
– non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta: gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.
«Evidente quindi – prosegue il commento degli albergatori veneziani, attraverso il loro direttore, Claudio Scarpa – che il consumatore viene ingannato due volte: viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività, del mercato. Si pone inoltre con tutta evidenza un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».