Macroprogetti, lezioni singole, attività per chi è solo di passaggio, iniziative rivolte alle scuole: è complesso e articolato il lavoro di preparazione per organizzare la Scuola in Pediatria all’Ospedale dell’Angelo di Mestre. Spaventerebbe chiunque avere a che fare ogni giorno con le sofferenze dei più piccoli, eppure la titolare della cattedra Maria Pia Vivolo affronta l’impegno con entusiasmo ed energia, sentendosi una privilegiata.
«Cominciamo in questi giorni – spiega – il tredicesimo anno di scuola. Sto lavorando su due fronti: i macroprogetti, che faranno da filo conduttore, e la quotidianità. Preparo singole schede di materiale didattico per le diverse età, i diversi momenti dell’anno e le materie, schede che devo avere sempre pronte. A seconda del bambino che arriva in reparto so già cosa prendere».
Questa è un’insegnante che non entra ogni giorno nella stessa classe, che spesso e volentieri fa lezione sui letti in corsia, e che, se il bambino resta per più di una settimana, deve prendere accordi con le scuole per aiutarlo a restare al passo. Grande flessibilità e capacità di adattamento sono le caratteristiche indispensabili per lei, per modellare ogni giorno il proprio lavoro.
«I macroprogetti – continua – sono molto più elaborati e sempre nuovi: li concerto con l’azienda sanitaria, il mio primario, i medici, gli infermieri, i volontari. Tutti i bambini, piccoli e grandi, possono fare la loro parte». L’ultimo, che sarà riproposto anche quest’anno, si chiama “Più conosci e meno hai paura”, prevede 5 incontri ed è rivolto agli alunni di quinta: più di 200 quelli che l’anno scorso hanno affollato il Padiglione Rama nella giornata conclusiva con il direttore generale Giuseppe Dal Ben.
«In questi incontri – spiega Maria Pia Vivolo – medici e infermieri spiegano alcune cose ai bambini. Abbiamo, ad esempio, fotografato i percorsi dell’ospedale, raccontato come funziona il prelievo del sangue, con la farfallina e la crema magica, provato con i bambolotti interventi di primo soccorso. Ci è poi capitato che alcuni bambini siano arrivati in ospedale e abbiano detto di non aver avuto paura perché “sapevano già tutto”».
La Scuola in Pediatria, poi, è aperta anche a chi in ospedale è solo di passaggio, magari per una visita o in attesa al Pronto soccorso. «Grazie alle mie volontarie – spiega l’insegnante – questi bambini possono fare i laboratori: braccialetti, acquerelli, pasta di sale. Quest’anno lavoreremo su Matisse: mi aiuto con una lavagna touch che permette di far entrare subito il bambino nel progetto. Ogni ragazzino che passa può lasciare il suo contributo. Ne ho già raccolti tantissimi». Obiettivo: riempire l’intero corridoio di Pediatria di disegni, una bomba di colore. Un modo per spiegare ai ragazzi che ognuno fa la sua parte, che in un’opera collettiva ognuno è importante.
Per chi, invece, è ricoverato più a lungo, con patologie invalidanti o oncologiche, scattano le lezioni individuali, almeno tre quarti d’ora per ogni allievo. «L’anno scorso – racconta ancora – un bimbo di 10 anni mi aspettava perché io ero la normalità. La scuola in ospedale non è un carico in più, è la carta della normalità, far distrarre il ragazzo da tutto il resto, dai suoi pensieri. Io cerco di ascoltarli, di mettermi dalla loro parte, non li giudico: loro si aprono, si sentono capiti, si rafforzano. Se li rassicuri, viene fuori tutto il bello che hanno».
Per questo Maria Pia Vivolo si sente una privilegiata: il rapporto uno a uno favorisce la comprensione, riesce a lavorare in serenità, i bambini si divertono anche a fare scuola. «Una specie di miracolo – conclude –. La scuola ha tante difficoltà ma non per cattivi insegnanti, per i troppi ragazzi, per le tante situazioni disparate. Perciò mi ritengo privilegiata: ho un rapporto diretto con loro e sono felice dei risultati».
Chiara Semenzato