Per le calli di Venezia si aggirano due occhi curiosi, aperti al mondo e accoglienti di ciò che di bello e di sorprendente la vita può offrire.
Sono gli occhi di Philippe Apatie, “fotografo di strada”. Cinquantaduenne parigino, autore di tre libri, laureato alla Sorbonne con una tesi su Ettie Hillesum, di vite ne ha vissute diverse, tra cui anche quella di monaco benedettino, di nome Francesco, per 25 anni.
Un po’ dello spirito di San Francesco vive negli occhi di Philippe che è un giocoliere di immagini, diffusore di letizia, umile nei suoi sandali, povero di ricchezze materiali, ma ricco di spiritualità. Se lo si vede per strada, lo si riconosce anche da lontano: panama bianco, carrello della spesa, macchina fotografica appesa al collo. Dal passo elastico e silenzioso, cerca di sparire per non attirare l’attenzione dei suoi soggetti.
È questo il suo segreto: fare la posta in un luogo speciale e aspettare il momento giusto, il kairos, in cui avviene una piccola epifania. “O seguo un soggetto interessante finché l’inquadratura mi dice qualcosa”, spiega Philippe, “oppure aspetto un evento particolare in un luogo interessante.”
In entrambi i casi, sembra la Provvidenza, più che il fotografo, a creare la foto. Le foto di Philippe invitano a una lettura teologica. Non si limitano a mostrare, ma commentano, stupiscono, fanno sorridere. Non illustrano, ma raccontano come piccole parabole. Le due suore in agguato, lo spazzino che spazza via la ballerina da piazza San Marco, le spose nei cestini delle immondizie, Vittorio Emanuele che sguaina la spada contro la nebbia, bambini e statue, vecchietti e colonne, tanti e tanti veneziani sorridenti… e poi i cieli che gli regalano le immagini più spirituali. I suoi cieli e nuvole si moltiplicano nei riflessi di specchi, tavolini e pozzanghere. «Amo la fondamenta degli Schiavoni perché da lì il cielo è più grande, ti parla della piccolezza dell’uomo e della grandezza dell’universo. Mi piacciono le immagini di oscurità e tempesta perché ci ricordano la nostra fragile umanità, contro ogni presunzione».
Il “piccolo monaco” Philippe, come lo chiamava il padre, ama i soggetti umili e si nutre delle briciole dei fotografi professionisti.
A volte ruba scatti ai servizi fotografici di modelle firmate in piazza San Marco, ma soprattutto viene ispirato dai più umili e più preziosi lavoratori veneziani: dagli allegri pulitori di muri dell’associazione Masegni e Nizioleti, di cui è socio, e ancora di più dagli spazzini.
«Vorrei fare lo spazzino, lo farei anche gratis, ma mi hanno detto che non posso per ora», spiega. «Gli spazzini sono degli eroi e mi sembrano le persone che più amano questa città: ogni mattina combattono contro il lerciume per renderla di nuovo bella. Sono miei amici».
Basta guardare la sua pagina Faceboook, che è stato poi il suo trampolino di lancio, per rendersi conto delle suggestioni intelligenti, non soltanto belle, delle sue foto. Quello che era solo un modo per tenersi in contatto con i fratelli in Francia ha cominciato ad attirare una valanga di “like”, che continuano a moltiplicarsi. Ora sta lavorando a un altro libro e ad un film di immagini e musica veneziane. Per la prima volta, quest’estate le sue opere sono esposte nella galleria Xframe della Giudecca, alla Palanca.
Ilaria Serra