«Il matrimonio? Un discorso a tre: fra me, Giorgia e Dio». Luca lo dice con convinzione. Ma almeno per il percorso di formazione al sacramento delle nozze bisogna chiamare in causa un quarto protagonista: Skype.
Sì, perché Luca e Giorgia, fidanzati mestrini, partecipano al corso in remoto, dalla loro casa di Oxford. Il giorno dell’incontro si collegano e, a distanza di 1700 chilometri, trovano il volto e il saluto di don Ottavio Trevisanato, il parroco della Gazzera, che guida il corso in preparazione al matrimonio.
Basta parlare al microfono. E con don Ottavio ci sono altre sette coppie di giovani, da più parrocchie del vicariato della Castellana: «Si sono organizzati benissimo», racconta Luca: «Hanno preso una cassa acustica che ha anche il microfono incorporato e se la passano da un tavolo all’altro, quando devono intervenire. Noi, da casa nostra, sentiamo benissimo e possiamo intervenire altrettanto bene». Anche don Ottavio è soddisfatto: «All’inizio temevo che non funzionasse, che fosse dispersivo o distraesse… E invece il collegamento va molto bene, si parla, si ascolta e si dialoga tra tutti. Il gruppo delle otto coppie è molto coeso e il collegamento via Skype è ormai diventato normale». Normale, d’altronde, per Luca e Giorgia era già, da due anni e mezzo, conversare e videoconversare via internet con i familiari e gli amici: «Per questo – spiega Luca – abbiamo deciso di usare questo strumento. E abbiamo chiesto a don Ottavio di poter partecipare al gruppo perché noi siamo mestrini – Giorgia della Gazzera e io del Sacro Cuore – abbiamo le famiglie in Italia e ci sposeremo in Italia».
Perché in Inghilterra. Un legame forte, che i due giovani hanno voluto mantenere anche per le scelte di fede, nonostante da parecchio tempo, ormai, vivano in Inghilterra: «La “colpa” è tutta mia», riprende Luca: «Sono ingegnere e in Italia c’erano poche opportunità, oppure tipi di occupazione poco soddisfacenti. Perciò, dopo averne parlato con Giorgia e dopo aver fatto un corso di inglese a Edimburgo, sono arrivato qui e ho trovato un lavoro che mi piace». Giorgia l’ha seguito e lei, laureata in Legge, dopo aver lavorato per un po’ in un negozio, ha trovato impiego in un ufficio finanziario: «E’ un lavoro che ha più a che fare con l’economia che con Giurisprudenza; ma ho trovato persone interessanti e accoglienti e perciò mi trovo bene». La difficoltà maggiore – ricordano i due fidanzati – è stata acquisire piena dimestichezza con la lingua: «Perché per sopravvivere serve relativamente poco; ma per stringere amicizie e avere rapporti sociali bisogna saper parlare bene».
E dopo l’incontro due ore di dialogo in coppia. Una scelta importante come il matrimonio – e il matrimonio cristiano in particolare – Giorgia e Luca l’hanno però voluta fare… in italiano: «Il corso di preparazione è interessante, coinvolgente», sottolinea Giorgia: «E’ bello soffermarsi sui temi proposti e confrontarsi con altre coppie che stanno per fare lo stesso nostro passo. Ma è ancora più bello dopo, finito l’incontro: nel salotto di casa nostra, Luca e io restiamo ogni volta un paio d’ore a parlare di ciò che abbiamo ascoltato. Per noi è di grande rilievo poter soffermarci su temi così importanti, che la frenesia della vita ci farebbe sorvolare». E che cosa trovano – i due giovani mestrini di Oxford – di particolarmente bello nel formarsi, anche in remoto, al matrimonio cristiano? «E’ bello – riflette Giorgia – prendersi un po’ di tempo per capire che cosa si sta facendo. Io sono cresciuta in una famiglia cattolica. E ho sempre pensato che il matrimonio come sacramento sarebbe stato parte della mia vita: non potrei pensare di non sposarmi in chiesa, per me ha un valore diverso poter dire che il mio “sì” è un sacramento».
Per gli amici inglesi è una gran cosa. E Luca: «Mi riconosco nel dire che il matrimonio è un fatto a tre, fra me, Giorgia e Dio. Inoltre, credo che sposarci in chiesa sia sottolineare che il nostro è un impegno per sempre». E gli amici di Oxford che cosa dicono? Cosa pensano dei due fidanzati italiani che, via web, preparano le nozze da cristiani? «Sono sorpresi, e molto positivamente. Tradotto in italiano, sia pure un po’ slang, l’espressione che usano tutti quando glielo raccontiamo, suona: “fighissimo!”».
Giorgio Malavasi