Se non tornerete come bambini… è questa l’ammonizione che torna alla mente assistendo al 48esimo Festival del Cinema per Ragazzi di Giffoni Valle Piana, che si chiude oggi.
Perché qui le emozioni del cinema e della narrazione ritornano allo stato più puro, ridotte all’osso, semplificate ed intensificate dall’immediatezza della giovinezza. Intere platee di bambini, adolescenti, ragazzi (divisi in 6 fasce d’età) si lasciano trasportare dai film, che hanno spesso storie difficili, in luoghi lontani (dal Sud Africa alla Norvegia).
Si fanno insegnare un po’ del mondo e lo ricevono come sono capaci loro: i bambini con gioia e confusione, gli adolescenti con allegria e serietà distaccata, i ragazzi più grandi con impegno e intelligenza. Una gioia per chi ama il cinema e vede amplificate le emozioni con applausi di gioia o liberatori, quando i cattivi vengono puniti o qualche buona parola viene pronunciata e poi tradotta nei sottotitoli.
Sì, perché tutti film sono in lingua originale e moltissimi dei giurati – che sono i 5.600 ragazzi del pubblico – vengono dall’estero, da 40 paesi. Ogni fascia di giurati guarda e giudica 7 film diversi.
Moltissimi film, quest’anno, incentrati sul tema della paura: della vita, della guerra, dei grandi, della malattia, paure invisibili e immaginarie o troppo reali. Questo è un festival sorprendente, che lascia a bocca aperta.
Una cittadina sconosciuta per una settimana diventa una croisette, non lontano da Eboli dove perfino Cristo si fermò. Un paese che produce nocciole e ha solo 12.000 abitanti, per dieci giorni ne accoglie più di 5.600 e si ravviva di spettacoli, di concerti, di star e di stelline, di artisti di strada e di artigiani, di cuochi e ambulanti.
Lascia a bocca aperta vedere i ragazzi di domani che parlano in inglese con una fluidità inimmaginabile una generazione fa, forse frutto di stage all’estero, di potenziamenti scolastici della lingua. Lascia a bocca aperta anche il calibro degli ospiti: non solo le nostre star nazionali, dallo chef Alessandro Borghese a Luca Barbarossa, da Rocco Papaleo a Serena Autieri, ma anche i politici fanno la fila per farsi fotografare. E perfino star holliwoodiane scendono sul “blue carpet” (il tema quest’anno è l’acqua) come Paul Rudd e Evangeline Lilly, protagonisti di Ant-Man and the Wasp. In passato, fra gli altri, sono passati anche Robert De Niro, Meryl Streep, Meg Ryan e Tim Roth.
Padrino del festival, forse colui che ne ha consacrato da fortuna, Francois Truffaut, che nel 1982 giungeva sulla collina di Giffoni e si compiaceva del pubblico di giurati ragazzi, vergando di sua mano le parole che sono ora riprodotte su un muro nel centro di Giffoni, nel giardino degli aranci: “Ricordo l’atmosfera simpatica e amichevole di questa bella e unica manifestazione, tra tutti i festival, quello di Giffoni è il più necessario”.
La reazione dei registi in sala è sempre forte: nessuno di loro resiste ad occhi asciutti quando sente il giovane pubblico esultare o commentare con fischi i comportamenti dei loro protagonisti. Tutti rimangono stupiti dalla serietà e acutezza delle domande. E dalle mille mani alzate della platea.
Chi c’è dietro? Se lo si chiede a chi ci lavora, l’alchimia del festival viene tutta dal direttore, Claudio Gubitosi, che ha dedicato la vita a un’idea avuta da diciottenne, partendo da un semplice cineforum come tanti degli anni ’70. “Ha carisma e il potere di convincere con le sue idee”, spiega Orazio Cerino, attore di 38 anni, nato a Giffoni e cresciuto con il festival.
“Il direttore ama stare dietro le quinte, ma ha creato una kermesse internazionale nel cuore della Campania. A volte si guarda ai maestri come agli artisti e registi che vengono da lontano, che salgono sulla cattedra, mentre per me il maestro è stato il compagno di banco, il mio compaesano Claudio, con il suo lavoro silenzioso. Io avevo due anni quando il festival è nato”, continua Cerino, “e ricordo l’atmosfera di festa che si creava ogni estate e che il paese attendeva. Poi sono uscito da qui, ho conosciuto le grandi città, Napoli, Roma… e sono rimasto sconvolto: ma veramente Gorbachev è venuto a Giffoni Valle Piana? Ma com’è possibile? Mi sono reso conto da grande della portata di questo evento. Merito del direttore che non ha mai venduto la sua idea, ma ha voluto che restasse in questo paesino sperduto, con il nome del festival legato a Giffoni”.
Orazio, che dei contrasti ha fatto il suo lavoro, allestendo spettacoli di Fiabe in Musica, come l’ultimo “O flauto magico”, Mozart in napoletano, a Giffoni ha un compito, lavora come presentatore dei film per la platea più difficile, quella dei +10: undici e dodici anni, troppo grandi per i balletti, troppo giovani per stare seduti ad un intero film, magari dal tema difficile. E ingaggia una battaglia quotidiana contro il telefonino dei preadolescenti, che impedisce loro di godere del momento e perfino di applaudire gli ospiti.
Ilaria Serra