«Oggi il consumatore chiede, più che in passato, prodotti da forno di maggior valore nutrizionale (vitamine, fibra, composti antiossidanti…), maggior attenzione alla tutela dell’ambiente e dei processi produttivi e un’elevata tracciabilità».
«A questi devono essere comunque abbinate buone caratteristiche organolettiche e tecnologiche del prodotto. Oggi il mercato cerca di intercettare questi requisiti con i prodotti più svariati, demonizzando la farina di frumento tenero e puntando su soluzioni alternative e innovative (cereali minori, pseudocereali, antiche varietà…), per non parlare dell’alternativa estrema del “gluten free”, il “senza glutine”. Molto spesso in queste logiche ci sono operazioni di marketing molto aggressive, non sempre accompagnate da un reale raggiungimento degli obiettivi annunciati, ma che invitano il consumatore all’acquisto di prodotti dal costo superiore a quello dei prodotti a base di frumento. Meglio non lasciarsi ingannare: sono molti gli studi scientifici che confermano l’importanza nutrizionale del frumento tout court».
A dirlo è Massimo Blandino, docente al dipartimento di Agraria dell’università di Torino. Lo sottolinea anticipando i contenuti di un convegno cui parteciperà, mercoledì 11 luglio a Cavarzere, promosso da Confagricoltura Venezia e Confagricoltura Rovigo. Il frumento è la coltura più estesa al mondo, in termini di superficie, con 220 milioni di ettari, tra varietà di grano tenero e duro.
La produzione negli ultimi dieci anni è progressivamente cresciuta fino a 750 milioni di tonnellate annue, con produzioni sempre superiori ai consumi a livello mondiale, determinando un progressivo aumento delle scorte. I maggiori produttori a livello mondiale sono l’Unione Europea (160 milioni di tonnellate) seguita da India, Cina e Russia con superfici simili, ma livelli produttivi inferiori.
Nell’Unione Europea la Francia (5 milioni di ettari) e la Germania (3,3 milioni di ettari) si distinguono per le maggiori superfici e livelli produttivi (superiori a 7,5 tonnellate per ettaro), seguono molte altre nazioni (Polonia, Romania, Gran Bretagna, Spagna) con 2 milioni di ettari. L’Italia per la produzione del solo frumento tenero ha una superficie coltivata di circa 585.000 ettari, quasi il 70% dei quali collocati al Nord.
Quanto frumento esportiamo e quanto ne importiamo? Come viene coperto il fabbisogno nazionale?
Storicamente la produzione nazionale (in media circa 3,2 milioni di tonnellate) di frumento tenero copre il 40% circa dei consumi nazionali dell’industria molitoria. Il 60% circa del frumento tenero macinato nei mulini italiani arriva quindi dall’estero, prevalentemente da altri Paesi dell’Unione Europea. Rispetto al passato si sono ridotti i livelli di esportazione delle farine (al di sotto di 0.2 milioni di tonnellate), anche perché in passato prevalentemente rivolte a Paesi africani che ora hanno investito in grandi impianti molitori.
Quali sono i maggiori problemi per questa coltivazione?
La principale difficoltà per la coltivazione di questo cereale in Italia è di essere competitivo sul mercato, per i prezzi che sono attualmente medio-bassi in conseguenza a produzioni mondiali superiori ai consumi. In questo contesto, le possibili strategie sono, da una parte, quella di avere un’alta efficienza produttiva di un frumento panificabile; dall’altra, puntare su una categoria qualitativa richiesta dal mercato e rispettare i vincoli qualitativi richiesti.
Quale ruolo giocano i cambiamenti climatici in atto?
I cambiamenti climatici giocano un ruolo sia positivo sia negativo: l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera è dimostrato possa risultare un vantaggio per questa coltura. Al contrario la disomogenea distribuzione delle precipitazioni nel corso del ciclo colturale può rappresentare un elemento importante di criticità. Hanno un effetto negativo invece le abbondanti precipitazioni concentrate tra inverno e inizio primavera in quanto causano asfissia radicale e scarso accestimento (sviluppo), mentre la carenza idrica in fase di maturazione accentuano il problema frequente della stretta in molti areali produttivi.
Come potrebbe descrivere la coltivazione di frumento in Veneto rispetto al resto d’Italia?
Probabilmente, rispetto ad altri areali di coltivazione, c’è meno attenzione alla specializzazione della coltura in filiere produttive e prevale ancora in molte realtà la logica dello stoccaggio del “misto rosso” e del “misto bianco”, rendendo più “vulnerabile” sul mercato il prodotto stoccato.