La Polizia Locale di Venezia, a conclusione di numerosi sopralluoghi effettuati nei mesi scorsi, ha accertato come abusivo l’utilizzo dell’unità immobiliare di via Mestrina 89/A, adibita a centro di culto della comunità del Bangladesh da parte del Centro Culturale “Casa dell’orientamento”.
Diversamente da quella che era la destinazione commerciale per cui era stato stipulato il contratto di locazione con lo stesso presidente dell’associazione, infatti, i locali erano stati adibiti a centro di culto, in pieno contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente.
Oggi, al termine di una serie di diffide che si sono susseguite dal febbraio scorso, la Polizia Locale, ufficio Edilizia Terraferma, ha proceduto all’esecuzione coattiva di chiusura secondo le modalità previste dalla legge, ponendo così il divieto di accesso ai locali, nonché alla denuncia all’autorità giudiziaria del titolare del contratto d’affitto per il reato di inosservanza del provvedimento.
“Il provvedimento è rigoroso ma non intende in alcun modo limitare la libertà di culto nel comune di Venezia – commenta l’assessore all’edilizia privata Massimiliano De Martin – Tutto deve avvenire nel rispetto delle norme e dei cittadini. Nel caso di via Mestrina l’Associazione Culturale è venuta meno all’osservanza delle leggi comunali utilizzando i locali presi in affitto per uno scopo diverso da quello a cui era destinato, intervenendo con opere abusive e creando disagio ai cittadini residenti anche a causa dal sovraffollamento dei locali. Il Comune di Venezia, dopo previe diffide e ripetuti accertamenti, ha quindi semplicemente applicato la legge”.
La vicenda trae origine da numerose segnalazioni di associazioni e cittadini residenti nella zona di via Mestrina, a cui è seguita la verifica congiunta tra la Polizia Locale e l’Ufficio Comunale di Controllo del Territorio di Mestre del 1 febbraio 2018. In quel caso, venne accertata la presenza di alcune opere abusive in corso di esecuzione, realizzate in assenza di titolo edilizio che consistevano in opere interne all’unità immobiliare finalizzate al cambio di destinazione d’uso da commerciale a culturale: un particolare locale contatori posto all’ingresso, ulteriori tre locali sulla parte sopraelevata dell’unità commerciale e la posa di pannelli dell’altezza di mt. 2,30 a parziale tamponamento delle vetrate.
Il giorno seguente l’Ufficio Comunale di Controllo del Territorio ha emesso ordinanza di sospensione dei lavori, notificata il 3 febbraio trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica.
Nella stessa occasione è stato, poi, accertato come l’Associazione avesse presentato una SCIA per l’esecuzione di cambio d’uso con opere da attività commerciale ad attrezzature collettive, che lo Sportello Unico per l’Edilizia del Comune di Venezia aveva dichiarato inaccoglibile, in quanto il cambio d’uso era finalizzato ad attività culturale–religiosa e necessitava della stipula di convenzione con il Comune di Venezia ai sensi della Legge Regionale n. 12 del 2016 (art. 31 ter).
Tale norma prevede, per i servizi religiosi, la preventiva realizzazione e pianificazione di attrezzature di interesse comune (strade di collegamento, spazi da destinare a parcheggio, adeguati servizi igienici, adeguate distanze, ecc.). I locali, inoltre, risultavano carenti dei requisiti di accessibilità per il superamento delle barriere architettoniche.
Il 16 marzo scorso 2018 l’amministrazione comunale, tramite l’ufficio Controllo del Territorio di Mestre, ha emesso un’ordinanza di ripristino dell’immobile entro 90 giorni dalla notifica della stessa, avvenuta il 22 marzo, con espresso avviso che, in caso di inottemperanza nel termine indicato, si sarebbe dato corso alla procedura coattiva prevista dalla legge. Con la rimessa in pristino si intende il ritorno effettivo alla destinazione commerciale del locale, con la conseguente cessazione delle attività attualmente in essere, che, in base ai rilievi effettuati erano da ricondursi a luogo di culto a tutti gli effetti. I locali di via Mestrina sono tra l’altro sprovvisti del certificato di agibilità, in quanto gli stessi originariamente autorizzati avevano ottenuto l’abitabilità con destinazione d’uso commerciale.