Una pedagogia della misericordia fatta di risate. È possibile? In 60 minuti di palcoscenico ci hanno provato i comici veneziani Carlo e Giorgio. <+no rientro>
<+normale>Gli ami per accalappiare il complesso pubblico preadolescente li hanno gettati tutti: le musiche di Ariana Grande, Alvaro Soler e Justin Bieber, i riferimenti agli youtubers più gettonati, da Fabio Rovazzi a Greta Menchi, l’accenno all’ipertecnologia degli Apple watch, dei giochi online e dei gruppi Whatsapp, l’uso degli acronimi d’importazione anglosassone in voga nelle chat come gli impronunciabili wtf e lol.
La sceneggiatura che scardinasse la disattenzione cronica dei ragazzini di quell’età il duo muranese l’ha studiata a fondo. E ha fatto centro. Usando il canale dello slang e dell’universo culturale under 13, il debutto di mercoledì 19 ottobre del loro nuovo spettacolo ha ottenuto la confidenza necessaria a scatenare la partecipazione dei 720 preadolescenti presenti, che in un pomeriggio hanno esaurito le poltroncine del Teatro veneziano dei Frari per la prima e le due repliche successive (l’ultima, da tempo sold out, la sera di mercoledì 26 ottobre al Toniolo di Mestre).
È il Vangelo della misericordia al centro della loro narrazione. Che in una particolare trasposizione contemporanea, dopo le ovazioni per la parodia dei loro idoli, ha scaturito nei giovanissimi due lunghi applausi spontanei durante i due passaggi più significativi: «Dio ci ama in modo viscerale. Vogliamo essere felici? Siamo misericordiosi, amiamoci come ama Dio».
Esortati da Ufficio catechistico, Ufficio Irc e Pastorale dei ragazzi, nei mesi scorsi i due cabarettisti hanno lavorato a un copione (in questa fase di sperimentazione ancora senza nome) che potesse spingere gli studenti delle medie a guardare il Vangelo di Luca da una nuova prospettiva.
«Il Vangelo è buona notizia: Dio ci vuole felici! Perché allora ci annoiamo a leggerlo?», «Par forsa, non se capisse niente!» scherzano i due, mescolando italiano e dialetto veneziano in un continuo botta e risposta col baby pubblico. «Perché è stato scritto migliaia di anni fa, la gente non possedeva internet, né la Nutella, né i Tronky o le patatine. Aveva solo le pecore».
Cosa accadrebbe, allora, se il Vangelo parlasse il gergo degli adolescenti? «È come se Gesù vi inserisse tutti nel suo gruppo Whatsapp: vi ha nella sua rubrica, e non dimentica mai di rispondere al telefono quando voi lo chiamate» recitano i comici, abbattendo la quarta parete dell’uditorio in un avanti e indietro frequente in platea. «Lui direbbe: “Sono il vostro Instagram che fotografa tutti i momenti della vostra giornata”».
Dopo averli conquistati con l’uso di hashtag, la parodia di alcuni canti della celebrazione liturgica e la multimedialità di voci fuori campo, playlist famose e proiezioni di videointerviste veloci ai ragazzi, i due cabarettisti propongono un colorato adattamento della parabola del figliol prodigo ai giorni nostri.
Carlo è il bravo figlio tredicenne, Giorgio lo scapestrato fratello undicenne che viene bocciato, in un rimbalzante gioco di ingerenze nel quotidiano social e iperconnesso dei giovanissimi.
Altra gag che valorizza nella scrittura il loro talento trascinatore, è quella degli apostoli Giovanni e Giacomo nell’era digitale, con una solenne ma bonaria voce del Cristo fuori campo. «Hanno fatto le medie come voi: con Gesù, il Maestro per eccellenza, hanno studiato tre anni» introducono i personaggi prima di assumerne i panni. «E se ce l’hanno fatta loro a diventare misericordiosi, che erano indisciplinati e imparavano a fatica, ce la possiamo fare davvero tutti».
<+firma ct>Giulia Busetto