«La speranza è una virtù cristiana: è cioè la certezza che Gesù è più forte della morte. E di fronte alla morte, o si tace scioccamente o si parla dicendo la verità e cioè che la nostra speranza sta nella Risurrezione».
È un passaggio di fondo dell’omelia pronunciata dal Patriarca, venerdì 15 giugno in San Marco, in occasione della Messa presieduta per le comunità del Cammino neocatecumenale, al termine dell’anno pastorale.
Sono almeno settecento i fratelli del Cammino presenti e una trentina i sacerdoti concelebranti. Presenti anche i catechisti itineranti responsabili del Cammino per il Triveneto e la Polonia: Stefano Gennarini e don Livio Orsingher.
Nell’indirizzo di saluto, Paolo Canal, responsabile del Centro neocatecumenale di Venezia, presenta tutte le parrocchie della Diocesi in cui il Cammino è presente, nonché i presbiteri che hanno scelto questa esperienza cristiana o che sostengono le comunità: «Siamo grati al Signore per quest’anno, per quello che il Signore ci ha concesso di fare con le catechesi agli adulti, ai bambini, ai giovani del post cresima; ma grati anche al Signore perché quest’anno molti di noi hanno potuto partecipare alla missione a due a due nel nord Italia, e per il lavoro della famiglie in missione, alcune delle quali sono qui presenti».
Un ringraziamento ripreso da mons. Moraglia: «Ringraziamo il Signore alla fine di quest’anno per le fatiche, ma anche per la gioia del cammino fatto».
Meditando sui testi proposti dalla liturgia del giorno, il Patriarca propone la figura di Elia, che invita il popolo di Israele alla scelta chiara ed esplicita: “Se Dio è Dio scegliete Dio, se Baal è Baal scegliete Baal». Una domanda drammatica, segnala mons. Moraglia: «Siamo di fronte al male dell’indifferenza, dell’indifferentismo: una condizione per cui non si ha coraggio di scegliere il male, ma non si ha neppure la forza di essere fedeli al proprio credo, dicendo che solo il Sio di Israele è il vero Dio».
Un monito che vale nel tempo e la cui attualità si ripropone. E la domanda sulla scelta basilare si fa chiara quando si conquista la consapevolezza che «l’Alleanza tra Dio è l’uomo è un’alleanza asimmetrica e il termine Alleanza, per chi sta di fronte a Dio, si traduce nel termine speranza».
Ecco, dunque, la riflessione profonda sul senso della speranza e sulla sua forza di vita oltre la morte: «La speranza – prosegue il Patriarca – è l’espressione della nostra fede e la fede e il fondamento delle cose in cui speriamo. La speranza non è una virtù umana psicologica, ma è la Pasqua che vive nel nostro presente. Ringraziamo il Signore, perciò, di averci fatto incontrare in questa Eucaristia di fine anno la figura di Elia. E traduciamo tutto questo nella nostra vita di comunità, di famiglie, di persone».
(con la collaborazione di Ivano Memo e Giuseppe Corazzin; foto di Antonio Braga)