A Sotto il Monte, il paese della famiglia di Angelo Giuseppe Roncalli, il Patriarca Francesco riflette sulla famiglia. E lo fa nell’omelia della Messa celebrata nella serata di sabato 2 giugno.
La liturgia eucaristica è celebrata in onore di San Giovanni XXIII, in occasione della peregrinatio delle sue spoglie mortali nella diocesi di Bergamo, con tappa proprio nella chiesa del paese natale.
Mons. Moraglia ricorda come la temperie attuale ricordi a maggior ragione quello che scriveva un secolo fa Charles Péguy: “C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moderno: è il padre di famiglia”. E il Patriarca, che richiama subito l’opportunità di annoverare anche la madre di famiglia fra i coraggiosi del mondo moderno, aggiunge: «Sì, è proprio così, dal momento che la società attuale – con le sue chiusure individualiste – fatica a comprendere o anche solo ad immaginare il valore del sì dell’uomo e della donna, un sì detto per sempre».
«Il nostro tempo è segnato – continua mons. Moraglia nell’omelia – da un forte individualismo, incompatibile spiritualmente e pedagogicamente con la famiglia secondo il Vangelo; si dà così un conflitto col pensiero dominante ispirato da molti circuiti mediatici. Sempre più si usa il pronome “io” e sempre meno il pronome “noi”. La famiglia, dunque, risente di tante fragilità eppure rimane risorsa per la Chiesa e per la società».
Ma va ripensata secondo l’angolo di visuale del cristiano: «Col matrimonio non si è più due “io” posti l’uno di fronte all’altro o l’uno a lato dell’altro, due “io” che, ogni tanto, si incontrano; piuttosto, si è chiamati a costruire un soggetto nuovo che – rispettando le differenti personalità e valorizzandone la reciprocità – costruisce un “noi” condiviso, da promuovere ogni giorno, come dice papa Francesco in modo “artigianale”. Proprio attraverso tale cammino, l’uomo e la donna – in modo libero – si appartengono in modo nuovo. E così i due “io” sono uniti uno all’altro e, nello stesso tempo, s’impegnano per giungere alla pienezza del loro essere personale».
Di più ancora, rimarca mons. Moraglia: «Per Gesù il matrimonio appartiene all’uomo e alla donna, è costituito dalla loro promessa fedele ed esclusiva, si radica nel loro essere e ne esalta la reciprocità. Non è, quindi, realtà estemporanea che, di volta in volta, si lega arbitrariamente alla cultura dominante, destinata in poco tempo a passare; no, il matrimonio esprime l’essere stesso dell’uomo e della donna. È bello, quindi, riscoprire la grandezza del matrimonio che – prima di tutto – è vocazione, è risorsa, è ricchezza per la Chiesa, il sacramento, e anche per la società civile dando vita alla famiglia, la cellula originaria».
«Ecco perché tutti – suggerisce ancora il Patriarca – ci dobbiamo interrogare e procedere ad un radicale capovolgimento, per cui io so che Gesù – Figlio di Dio – mi ama personalmente e condivide con me l’alleanza matrimoniale. Mi dà così la forza per amare, anche quando umanamente sembra non esservi più motivo. E c’è la grande risorsa della preghiera, che è benedizione particolarissima quando è la famiglia a pregare insieme».