«In ospedale, quando gli avevo fatto visita, don Sergio sembrava assopito; prima di impartire l’indulgenza plenaria, gli ho sussurrato all’orecchio – come fa ogni prete in queste circostanze – alcune brevi preghiere, l’atto di dolore, qualche giaculatoria… Subito don Sergio si è unito alla preghiera, ripetendo con un filo di voce: ”Sia lodato e ringraziato in ogni momento il Santissimo e divinissimo Sacramento” e “Gesù confido in Te!”».
Il ricordo dell’ultimo incontro con mons. Sergio Sambin lo fa il Patriarca nell’omelia della Messa delle esequie, celebrata nella mattinata di giovedì 26 in San Marco. Don Sergio Sambin (qui in una foto scattata tre anni fa, in Basilica) è mancato il 24 aprile, a 97 anni, all’ospedale Fatebenefratelli di Venezia.
«Il morire – ha aggiunto il Patriarca – è, per il cristiano, addormentarsi nel Signore e don Sergio ha fatto la “bella morte” del cristiano. Tale passo l’ha compiuto con vera pietà e la sua preghiera, pronta e spontanea anche nel momento in cui la coscienza era intorpidita, non era frutto di memoria allenata o automatismo psicologico; questa prontezza dice, piuttosto, come la preghiera gli appartenesse e fosse entrata in lui, in modo vero e concretissimo, e come, per lui, fosse riferimento e dimensione continua della vita».
La vita per il cristiano consiste – ha detto ancora mons. Moraglia – «nel camminare con gli altri per un tratto di strada, lungo o breve non lo sappiamo, ma lo sa il Signore che per noi dispone per il nostro vero bene. Per don Sergio il percorso della strada terrena è stato – secondo il computo degli uomini – lunghissimo e anche questo è stato un dono del Signore. Dopo questa vita terrena – lunga o breve che sia stata – tutto si ricongiunge e concretizza nel gioioso ritrovare i fratelli e le sorelle nel Signore Gesù, attorno a Dio Padre, per l’eternità. Ancora una volta, qui, si può toccare con mano come la rivelazione cristiana non sia soltanto vera ma, anche, bella e consolante».
E ormai don Sergio, ha concluso il Patriarca, «vede ciò in cui ha creduto e sperato lungo tutta la vita; ora vede Colui che è il fondamento e il senso di tutto, sia delle cose visibili sia di quelle invisibili».