«“Cristo, mia speranza, è risorto!”: a volte tale annuncio può apparire ed emergere come un sussurro, o poco più. Eppure proprio questa è la parola definitiva che viene iscritta nella nostra storia e raggiunge davvero tutti – senza escludere nessuno – anche e soprattutto chi è maggiormente segnato dalle ferite, dalle fragilità, dalle sofferenze e dalle ingiustizie della vita»: comincia così il messaggio augurale del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia per la Pasqua 2018. Eccolo, qui di seguito, nel testo integrale, che compare anche nel nuovo numero di Gente Veneta.
«Carissimi, a tutti, in queste ore, giunge l’eco di un grido: “Cristo, mia speranza, è risorto!”.
A volte tale annuncio può apparire ed emergere come un sussurro, o poco più, eppure proprio questa è la parola definitiva che viene iscritta nella nostra storia e raggiunge davvero tutti – senza escludere nessuno – anche e soprattutto chi è maggiormente segnato dalle ferite, dalle fragilità, dalle sofferenze e dalle ingiustizie della vita.
Nel momento in cui la società si mostra impotente e incapace di risollevarsi e rispondere alle esigenze ed aspettative di giustizia, pace e salvezza, ecco tornare di nuovo queste parole sigillate – nella liturgia della Chiesa – dal canto della sequenza di Pasqua: “Cristo mia speranza è risorto… Siamo certi che Cristo è veramente risorto”.
Sì, è vero: Dio – in suo Figlio, il Crocifisso Risorto – ci indica e dona l’unica via, l’unica verità e l’unica vita che ci danno pace, ci infondono speranza, ci offrono salvezza. Non come avviene normalmente tra gli uomini, secondo logiche “vecchie” e fondate spesso sulla rivalsa, sull’umiliazione dell’avversario e sulla vendetta.
Per noi e per tutti risuona il Vangelo della risurrezione che domanda d’entrare nel cuore di ogni uomo e donna col suo messaggio di novità dirompente, carico di perdono, accoglienza e ascolto degli altri, invito alle opere di misericordia tanto spirituali quanto materiali.
La croce gloriosa di Gesù è il perdono di Dio agli uomini, un perdono dato anche per coloro che sembrano rifiutarlo. E così la Pasqua inaugura e immette nuove possibilità nella storia e si propone come germe di novità, di riconciliazione e apertura di credito per un’umanità che vuole – ma da sola non può – uscire dalla logica vecchia, ripetitiva e inconcludente del peccato che ci pone contro Dio, contro gli altri, contro noi stessi. La Pasqua – in ogni epoca, anche oggi – diviene, perciò, inizio di nuove relazioni con Dio e fra gli uomini.
Un’ ultima considerazione riguarda le donne, oggi troppo spesso vittime di una violenza brutale e sistematica. Non possiamo dimenticare il modo splendido con cui proprio le donne hanno saputo accompagnare e stare vicine a Gesù, più e meglio degli uomini, soprattutto nel momento in cui anche i più intimi – discepoli e apostoli – lo avevano abbandonato.
Gli apostoli scelsero la strada facile della debolezza: la fuga. Le donne no, rimasero fedeli fino alla fine e così le troviamo ai piedi della croce, con Maria madre di Gesù, e poi al sepolcro vuoto tanto da diventare le prime testimoni della Pasqua, le “apostole” degli apostoli.
La forza dell’evento della Pasqua spinga la nostra società, la nostra cultura e anche la nostra Chiesa a lasciarsi plasmare di più dal genio femminile. Ci scopriremo tutti più ricchi di umanità e del senso di Dio.
“Cristo, mia speranza, è risorto!”. Vi affido di cuore queste parole e auguro a tutti Voi una Pasqua di verità, di giustizia, di gioia e di pace!».