La netta sensazione è che, domenica 4 marzo, abbiano vinto la paura, una speranza confusa e parecchio egoismo. L’idea la riprendiamo dall’analisi del filosofo veneziano Giuseppe Goisis e la condividiamo, ampliandola.
Sembra esserci un fil rouge in tutte le elezioni che si sono succedute, in questi ultimi anni, nei Paesi dell’Occidente. E il fil rouge ci pare il medesimo: un cocktail di timore e ansia per il futuro, uniti a un’idea vaga che cambiando si migliora e ad un atteggiamento di difesa di ciò che si ha.
Se dovessimo scarnificare ulteriormente queste sensazioni ci verrebbe da dire che il vincitore di fondo delle elezioni è l’“io”. La nostra società e la nostra cultura sono sempre più concentrate sull’individuo: lo mettono al centro e investono sulla sua centralità. D’altro canto, l’io isolato e iperstimolato è il miglior motore per un’economia che miri principalmente al consumo, al profitto e ad una crescita indefinita.
Ma così facendo diventano fragili le relazioni con gli altri. E la politica, che è l’arte di porre le regole per lo stare insieme, ne soffre.
Ci tornano in mente, come migliore antidoto, le parole di Papa Francesco: «La politica non dovrebbe essere né serva né padrona, ma amica e collaboratrice, capace di lavorare coraggiosamente per il bene comune». Allora anche le paure, le proteste e le speranze confuse troverebbero un alveo positivo. E tutti noi un vantaggio.