Basta un attimo. Questa frase, che Carlo e Giorgio fanno risuonare tante volte nel loro spettacolo “Temporary show”, è particolarmente vera. Basta un attimo, infatti, perché il cronista sbagli a schiacciare un tasto dello smartphone e l’intervista video ai due comici muranesi vada in fumo. Così, anziché sentire dalla loro viva voce che cos’è lo spettacolo che ha fatto il tutto esaurito quattro volte, nei giorni scorsi, al teatro Toniolo di Mestre, dovrete accontentarvi di queste righe.
L’avessero detto loro, lo avrebbero spiegato mille volte meglio. “Temporary show” è un testo quasi filosofico. E si può gustare a più livelli. Intanto godendolo, questo spettacolo: per un’ora e tre quarti si ride. Già solo questo vale il biglietto e il piccolo sforzo di andare a teatro.
Poi c’è l’enorme e ormai rodatissima capacità dei due artisti di far ridere su stereotipi e luoghi comuni. Da quelli antichi come il tempo, che riguardano moglie e marito, a quelli molto aggiornati, come il ricorso tanto fanatico quanto malaccorto a internet per cercare di capire che patologia si ha, di fronte al minimo sintomo.
Carlo e Giorgio sanno mettere in evidenza – anzi, in ridicolo – l’attitudine della stragrande parte di noi a non avere senso critico, a copiare pedissequamente quello che altri dicono e fanno, a stare gregge e, quasi sempre, a starci con noiosa ripetitività.
Ma Carlo e Giorgio hanno fatto anche un passo avanti. Hanno ragionato sul tempo. Sarà che, nonostante il fisico snello e l’espressione sempre da “fioi”, non sono più dei ragazzini ed è fisiologico che qualche pensiero e anche qualche battuta vada oltre l’epidermide. E anche che si cominci a guardare indietro, oltre che davanti. Fatto sta che almeno un paio di volte Giorgio dice «Ma dove sei stato tutto questo tempo?». E la miriade di attimi che si dipanano nello show – e che sono il fil rouge di tutto il testo – sembrano quasi inutili, frivoli di fronte al bisogno di fare il punto.
Questo tenere insieme il tempo, oltre l’attimo, sembra che a coglierlo per primo sia il pubblico. In sala, al Toniolo, c’è un pubblico quantomai eterogeneo: dai diciottenni agli ottantenni. In genere capita ai classici. E ormai Carlo e Giorgio, nati facendo qualche particina nella compagnia teatrale di Lino Toffolo, possono ben dire di avere uno stile e una storia.
Infine, la novità della lingua: al 99% è italiano; il veneziano fa qualche timida apparizione proprio dove sarebbe stato ridicolo parlare in italiano. È la strada che i due artisti hanno scelto per poter andare oltre il Veneto, per non essere solo due grandi comici che oltre i confini regionali non vengono capiti. È una scommessa coraggiosa, che però era bene che la coppia muranese tentasse. E soprattuto adesso, nella maturità artistica.
Giorgio Malavasi