Novità alla Ulss 3 Veneziana, dove la diagnosi per escludere la presenza della malattia di Alzheimer da qualche tempo si fa con un nuovissimo esame chiamato Pet amiloide, che ancora pochi usano in Italia.
Lo spiega Maria Cristina Mantovan, responsabile dell’unità operativa sulla sclerosi multipla e le demenze di Neurologia dell’Ospedale dell’Angelo, all’incontro “Demenza e non autosufficienza” organizzato nella sala del Municipio di Marghera martedì 20 febbraio dall’associazione “Amici di Erre” con sede in via Monte Cervino a Favaro Veneto.
All’iniziativa erano presenti anche Clara Urlando, presidentessa dell’Associazione Alzheimer di Venezia, e diversi rappresentanti istituzionali il deputato Andrea Causin, il Presidente della Municipalità di Marghera Gianfranco Bettin e la consigliera della Municipalità di Marghera Monica Di Lella.
Finalmente una novità, quindi, nel purtroppo fermo mondo delle patologie senili come appunto l’Alzheimer. <La Pet amiloide è nata da poco tempo e solo di recente sta iniziando a diffondersi. Le tecniche di medicina nucleare – spiega la dott.ssa Mantovan – studiano il metabolismo cerebrale e con la Pet amiloide si utilizzano traccianti particolari che mostrano quanta amiloide – che è la proteina la cui rilevazione è indice di presenza dell’Alzheimer – è eventualmente depositata nel cervello>.
Sembra però sia una tecnica di indagine ancora in discussione, in quanto non consente di fare la diagnosi di Alzheimer ma solo di escluderla: <Lo preciso poiché nella pratica clinica noi del settore vediamo molte volte dei pazienti che sembrano dementi e che hanno dei profili cognitivi che sono classici di un Alzheimer, ma che poi non sono per niente dementi. Ad esempio – continua la Mantovan – abbiamo dei pazienti molto depressi, in cui il quadro depressivo rallenta talmente la capacità di ragionamento e di apprendimento di quel soggetto che simula l’Alzheimer>.
Un altro limite, almeno attualmente, della nuova Pet amiloide è data dal costo di mille euro per ogni esame. <Inoltre l’esame non solo costa parecchio, ma al momento disponiamo di pochissimo tracciante, che è davvero contato e viene fornito in base al numero di pazienti per ogni Asl. Comunque – afferma la Mantovan – questo nuovo esame è importante poiché consente di fare diagnosi di non presenza di Alzheimer. Cioè se trovo in quel paziente il deposito di amiloide nel cervello, vuol dire che c’è l’Alzheimer. Se non lo trovo ma il paziente dà comunque segni di demenza, la patologia può anche assomigliare all’Alzheimer ma sicuramente non è Alzheimer. Quindi questo esame è diagnostico se è negativo>.
Fino a quando la nuova Pet amiloide non si diffonderà grazie a una marcata riduzione del costo, c’è sempre a disposizione l’altra tecnica di diagnosi dell’Alzheimer, ovvero l’iniezione lombare. <Con la rachicentesi si riesce a fare una diagnosi precoce con una specificità che va dall’85% al 95% analizzando il liquido cerebro-spinale per verificare la presenza del beta-amiloide – conclude Maria Cristina Mantovan – ma anche se ci sono dei neuroni degradati ovvero delle proteine tau iperfosfoforilate. In tal caso si ha la diagnosi della malattia di Alzheimer>.
Marco Monaco