La Comunità del Seminario è “imperfetta”. Ma allora cosa può significare per dei seminaristi viverci dentro? È la provocazione uscita la prima sera all’incontro con i catechisti di Eraclea, nel cui Vicariato gli studenti di Teologia del Seminario di Venezia (dal 4° al 6° anno) hanno trascorso cinque giorni (2-6 febbraio) di esperienza “vocazionale”.
Il programma era stato concordato per tempo con i preti del territorio: impegni, comuni o diversificati, per conoscere… e farsi conoscere. Un vedersi e raccontarsi che è servito infatti a smontare il modello del seminarista idealizzato, freddo e misterioso, mostrando volti e storie concreti: un timbro di normalità dove risalta l’iniziativa del Signore. Alloggiati in tre canoniche diverse, gli otto giovani hanno potuto solo intuire alcune peculiarità di questa forania, piuttosto estesa ma anche poco popolosa.
Un rapido tour ha aiutato a toccare con mano alcune specificità geografiche e pastorali: campagna, latifondi, distanze, canali, fossati… tante piccole comunità parrocchiali e Messe sulle spalle di pochi sacerdoti globetrotter. E poi, l’esodo dei giovani dal territorio e dalle comunità cristiane. Sembra l’anteprima di uno scenario incombente anche su altri decanati… Le ricette si sfidano nel difficile equilibrio tra il classico spauracchio della frenesia pastorale e l’urgenza di agire prima che accada l’irreparabile.
Immancabili le testimonianze. Fatte (alle Messe e agli incontri di catechismo) e ricevute: come quelle dei gruppi Caritas e In Cammino con Maria (da loro una forte raccomandazione a saper ascoltare, comunicare affetto… e profumare di Cristo) o dei giovani protagonisti della festa patronale a Ponte Crepaldo, tra giochi e musical.
Infine le visite alle realtà socioassistenziali: la Casa dell’Accoglienza (fiore all’occhiello nel sostegno ai disabili) e Anni Sereni, la casa di riposo per anziani; a loro un piccolo segno di incoraggiamento, un sorriso e una promessa di preghiera.
Giovanni Carnio