Per ora è scoppiato il caso. In futuro potrebbe scoppiare la bolla. Parliamo dello scontrino (non fiscale, ci mancherebbe!) da 1145 euro per quattro bistecche e una frittura di pesce che quattro studenti giapponesi si sono trovati a pagare in un ristorante di Venezia. Poco distante un altro locale faceva pagare più di 300 euro per due primi e un secondo, sempre senza scontrino. La notizia ha fatto il giro del mondo e il messaggio è: Venezia è cara e se può “frega” i turisti. Dietro c’è la convinzione, propria di molti operatori (non tutti, per carità), che tanto il mondo è pieno di polli da spennare e una volta nella vita tutti loro vorranno venire a visitare Venezia. Dunque non vale la pena inseguire la qualità, anzi.
L’altra notizia di queste ore è che nella classifica stilata dalla Cnn dei luoghi da non visitare c’è proprio Venezia, perché cara, perché inospitale, soprattutto perché affollata… E allora potrebbe persino scoppiare la bolla, se in un domani non troppo lontano, i potenziali “polli” decideranno tutti insieme di tenersi strette le penne e di evitare la trappola Venezi. Con tutti i problemi economici conseguenti. Tra polli e bolla, forse in mezzo ci sta una strada virtuosa da seguire: è quella che tutela Venezia nella sua specificità di città unica, dove il turista è bene accetto perché sa apprezzare i prodotti locali – tutelati e certificati – e la qualità delle offerte turistiche. Dove la bellezza della città sta anche nel suo essere abitata e vissuta nella sua quotidianità, speciale ma normale insieme.
Serena Spinazzi Lucchesi