Da dove nascono e che cosa significano oggi le parole medicina, terapia, farmaco e chirurgia? L’etimologia greca fa appartenere la parola “medicina” ad un gruppo di verbi che sottendono l’attività del “darsi pensiero”. È ciò che pensiamo anche nel 2017, quando un medico opera nella sua professione o quando un paziente si reca in un ambulatorio o entra in una sala chirurgica?
Sono alcune delel domande che saranno al centro della conversazione di giovedì 9 novembre, alle ore 17, nella Scuola Grande di San Marco, a Venezia. Su queste domande, sollecitato dal giornalista di Gente Veneta Giorgio Malavasi, interverrà il filosofo Umberto Curi, docente emerito dell’università di Padova, autore del recente saggio “Le parole della cura – Medicina e filosofia” (Raffaello Cortina Editore).
«Alla radice dei termine medico e medicina – afferma Curi – ritroviamo un’attitudine che non coincide immediatamente con un’azione, con un intervento su qualcuno, ma che piuttosto allude a una disposizione interiore, caratterizzata da uno stato d’animo di interesse per la condizione di un altro».
La riflessione di Curi, su cui il filosofo si soffermerà nell’incontro alla Scuola di San Marco, pone l’accento sul significato antico di questi due termini, che andrebbe recuperato. Il medico non è un prestatore di servizi, come troppo spesso nella nostra società appare, ma è colui che innanzitutto si dà pensiero per la condizione altrui.