L’autonomia e lo sviluppo integrale del bambino sono la missione più importante delle scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana associate alla Federazione Italiana delle Scuole Materne – FISM.
Da oltre vent’anni in Italia è proposta e perseguita come un valore la scuola dell’autonomia, ribadita anche nelle ultime Indicazioni Nazionali.
La FISM del Veneto ha da tempo avviato una riflessione attenta sulla possibilità che il Veneto possa acquisire forme e condizioni ulteriori di autonomia in particolare quella legata all’istruzione.
Prescindendo dalle polemiche sollevate da più parti sull’opportunità di indire il Referendum regionale consultivo sull’autonomia del Veneto, la FISM prende atto che il referendum c’è e può diventare un’occasione di crescita della comunità veneta e italiana.
La FISM del Veneto, l’organizzazione che associa oltre mille scuole dell’infanzia paritarie di ispirazione cristiana, con 90 mila bambini, i due terzi della popolazione scolastica dai 3 ai 6 anni, su questa condivisa riflessione, vuole evidenziare come il percorso della auspicata autonomia possa produrre una rivoluzione di eccezionale importanza nel sistema dei servizi socio educativi all’infanzia, perché sarebbe valorizzata una originalità storica, politica, sociale e culturale della nostra Regione, quella delle scuole dell’infanzia autonome, presenti in ogni comunità, realizzate da parrocchie con il concorso dell’intera comunità, da congregazioni religiose, da associazioni genitori e da altri enti no profit spesso sorti per iniziativa di privati benefattori.
Non deve essere sottovalutato il contributo volontario e gratuito nelle scuole di tanti cittadini veneti liberi, responsabili e capaci ma considerato come un passaggio sussidiario essenziale in rapporto al bene comune del Paese.
È stato definito “modello veneto” perché è singolare nel panorama italiano per dimensioni, per originalità e per qualità. Un governo regionale del sistema valorizzerebbe gli elementi che lo connotano (la partecipazione, la qualità dei servizi), realizzerebbe l’equità di trattamento tra i tutti cittadini che utilizzano il medesimo servizio (le rette) e farebbe conseguire rilevanti economie delle finanze pubbliche.
È tempo, quindi, che si intraprenda la strada di un modello integrato regionale di servizi socio educativi per l’infanzia, che, naturalmente, deve collocarsi all’interno di un quadro di autonomie di altri settori economici e di servizi, che il positivo esito del Referendum del 22 ottobre prossimo prepotentemente richiederebbe.
Il Trentino, regione confinante che ha la competenza primaria sulla scuola, mette a disposizione per i propri bambini oltre 6.000 €/anno, il Veneto può contare invece solo su 1.100 €/anno tra contributi statali, regionali e comunali, il resto viene pagato dai genitori tramite la retta.
Non possiamo non ricordare che in Veneto vengono chiuse per mancanza di fondi oltre 10 scuole dell’infanzia all’anno che significano oltre 50 posti di lavoro persi, 500 bambini e famiglie che faticano poi a trovare un servizio sul territorio.
Bisogna cercare di valorizzare la specificità veneta delle scuole dell’infanzia, popolari, comunitarie, di qualità, virtuose perché fanno risparmiare moltissimo allo Stato.
Si deve credere nel futuro dei bambini delle nostre comunità pretendendo maggiore attenzione alle loro necessità e a quelle delle famiglie ed esercitando perciò il diritto democratico del voto chiedendo maggiori spazi di autonomia specie per la scuola.
Alla Regione del Veneto e in particolare al Presidente Zaia chiediamo che a prescindere dall’esito del referendum venga avviata una trattativa con lo Stato per ottenere la competenza primaria sull’istruzione.
Alcuni dati del settore dei servizi socio educativi all’infanzia del Veneto:
Scuole dell’infanzia:
paritarie n. 1.047 bambini n. 83.500 (65%)
statali n. 585 bambini n. 45.700 (35%)
Nidi:
pubblici (dei Comuni) n. 284 bambini n. 11.500
privati (FISM, Coop. ecc) n. 509 bambini n. 13.200