di Marco Zane
Una questione di libertà: così viene sempre presentata, anche in questi giorni nei quali il tema del fine vita, tra Toscana e Veneto, è di nuovo affrontato nel dibattito politico regionale. Eppure bisogna sempre intendersi bene quando si vuole intervenire, con una legge o con un regolamento, su ambiti così delicati: di quale libertà si sta effettivamente parlando? Libertà per chi e per cosa? Libertà vera? E ancora: che concezione si ha della persona e della vita, del dolore, della malattia e della morte?
Si parla di libertà quasi esclusivamente per mettere in evidenza, e assolutizzare, la volontà del singolo e la sua “libertà” di fare una scelta di morte per la “propria” vita. Ma questo mette tragicamente in secondo piano il valore della persona che non è mai un ente autoreferenziale o un’isola, non è dominio ma esercizio di responsabilità: è, insomma, persona e cioè un essere in relazione e che, in una società, è e rimane il riferimento principale per tendere, liberamente e insieme, verso il bene comune che è ricerca di una vita migliore e di una vita piena. Di vita, appunto.
Essere per la libertà che cosa significa, allora, davanti ai dilemmi del fine vita? Significa, innanzitutto, essere liberi di accogliere e ricevere aiuto e supporto, di farsi prossimi e compagni di strada, soprattutto quando avanza il tempo della malattia e del dolore, attraverso un ricorso più diffuso e agevolato alle cure palliative – oggi molto efficaci nell’alleviare il dolore – e facendo in modo che siano praticabili e sostenibili. Non si può risparmiare o tagliare su questo fronte; si rischia, altrimenti, di perdere in umanità e in dignità, finendo per considerare la persona, nel tratto conclusivo della sua esistenza, soltanto come un costo sociale.
Non si può, insomma, ignorare il valore e l’efficacia che hanno le cure palliative in grado di accompagnare un paziente con dignità, calmando i dolori, fino al termine della vita. Di cure palliative si parla ancora troppo poco; esse devono essere realmente e sempre più usufruibili.
Libertà vera è anche saper cogliere e vivere con realismo l’inevitabile tempo dell’imperfezione, della quotidianità faticosa e sofferta, costruendo in questo tempo una rete di relazioni buone e di cura, in cui ci si rivela tutti legati e interdipendenti gli uni rispetto agli altri e non elementi isolati e autodeterminati. Libertà vera significa anche – e lo sottolineavano bene i Vescovi del Triveneto nella loro riflessione sul tema uscita più di un anno fa – che «la persona non può esimersi dal confronto con il mistero del limite creaturale e della morte che ne rappresenta l’esito estremo e non si può evitare di fare i conti con essa… La “vulnerabilità” emerge come una cifra insita nell’essere umano e, in una logica di ecologia integrale, in ogni essere vivente. La persona si legge come “essere del bisogno”: un bisogno che si concretizza nel pianto del neonato, nella fragilità dell’adolescente, nello smarrimento dell’adulto, nella solitudine dell’anziano, nella sofferenza del malato, nell’ultimo respiro di chi muore. Tale cifra attraversa ogni fase dell’esistenza umana».
Ecco perché, scrivevano di seguito, «è essenziale porre l’accento sul tema della dignità della persona malata e sul dovere inderogabile di cura”. Ed ecco perché una legge o un regolamento, di carattere regionale o nazionale – anche per il potente valore simbolico ed espressivo che ogni norma porta sempre con sé nella vita di una comunità – non possono rispondere alla logica di favorire e incoraggiare forme di suicidio assistito da applicare in molti casi di disagio di varia natura (psicologico, psicofisico, esistenziale ecc.), i cui margini di interpretazione risulterebbero inevitabilmente esposti a derive che è facile prevedere sempre più permissive, quasi a far passare il principio che la vita umana sia, ad un certo punto, un peso – anche economico oltreché sociale – per se stessi e per la comunità e, quindi, da eliminare. Per questo è auspicabile che ogni espressione giuridica che dovesse intervenire su temi così delicati non sottovaluti e non manchi mai e per nessun motivo di considerare le conseguenze culturali ed educative che inevitabilmente essa finisce per produrre.
Libertà vera è cammino verso un’umanità piena e ricca di dignità, tutelata e sorretta anche nelle sue fragilità. Libertà vera è affermazione del valore della persona e dell’autentico bene comune per una comunità. È sempre orientamento positivo e concreto al bene e alla vita, è sempre fattore di speranza ulteriore e mai di abbandono alla propria solitudine o disperazione. Non dimentichiamolo.