«Quella contro gli operatori sanitari, che avvenga in un ospedale o nell’ambulatorio di un medico di famiglia, è una violenza intollerabile». Il segretario provinciale della Federazione dei medici di famiglia Fimmg Venezia Giuseppe Palmisano commenta così, con amarezza, l’ennesima gravissima aggressione subita ieri dal personale del Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, dove un cinquantenne straniero, alterato, ha seminato il panico devastando la sala d’attesa. Non ci sono stati feriti solo grazie alla prontezza delle due infermiere triagiste, che hanno messo in salvo pazienti e familiari, e al rapido intervento delle forze dell’ordine.
«Desideriamo esprimere la nostra più piena solidarietà e vicinanza – continua il dottor Palmisano – al direttore generale Edgardo Contato, alla dottoressa Mara Rosada, primario del Pronto Soccorso, ai colleghi e agli operatori sanitari dell’Ulss 3 Serenissima. Auguriamo a tutti di superare in fretta lo shock e la paura vissuta ieri. Questi episodi, purtroppo sempre più frequenti, ci lasciano allibiti e sconcertati: sono ingiustificabili e intollerabili soprattutto perché commessi a danno di chi si prende cura degli altri. Da eroi siamo tornati a essere il bersaglio di pazienti arrabbiati, frustrati e insoddisfatti».
Domenica mattina, alle 7,30, un cinquantenne di origini irlandesi dimesso dopo aver passato la notte in ospedale per smaltire uno stato di alterazione alcolica, armato di uno schermo del pc sradicato dalla guardiola di accoglienza e di un triangolo segnaletico estratto da un vicino carello per le pulizie, si è scagliato contro gli otto grandi monitor segnaletici allestiti nell’ampio androne, rompendoli tutti, e mettendo sottosopra l’intera sala d’attesa del Pronto soccorso. Ha tentato più volte di forzare la guardiola vetrata del triage per aggredire sanitari e pazienti, cercando di scardinare le due porte d’accesso e lanciando sedie e altri oggetti contro le ampie vetrate.
Le due infermiere triagiste Giulia e Maria Pia hanno messo in salvo tutti i pazienti trincerandosi con loro dentro la guardiola del triage del Pronto soccorso. Nel mentre, una donna in travaglio, ignara di cosa stesse succedendo all’interno del Pronto soccorso, è entrata con il marito per chiedere assistenza sanitaria. Le due triagiste, che continuavano a proteggere dentro la guardiola vetrata una decina tra pazienti e familiari con l’aiuto di altri operatori sanitari del Ps, hanno mimato con i gesti alla donna di mettersi immediatamente in sicurezza, evitando di farsi vedere dall’aggressore, indicando il percorso per correre con il marito il più velocemente possibile nel reparto di ostetricia e ginecologia.
La Polizia, subito allertata, è giunta sul posto in pochi minuti e ha arrestato l’uomo. I danni, ancora da quantificare precisamente, sono di diverse migliaia di euro. Nessun paziente né operatore sanitario è rimasto ferito. La donna gravida è stata subito accolta in Ginecologia e in queste ore sta partorendo. I tecnici dell’Ulss 3 Serenissima sono al lavoro per ripristinare la rete delle chiamate elettroniche per il turno dei pazienti: fino ad allora il reparto si è riorganizzato con le chiamate a voce (in modalità black out) e continua incessante la sua attività di accoglienza e cura.
“Siamo indignati per quanto accaduto e fieri per la reazione esemplare dei nostri infermieri, medici, operatori socio sanitari e dipendenti tutti – dice il direttore generale dell’azienda sanitaria veneziana Edgardo Contato -. Verrà subito istituito un audit con il nostro team di psicologi per affiancare i sanitari nell’elaborazione psicologica di questo ennesimo trauma che hanno dovuto affrontare sul posto di lavoro. E le infermiere Chiara, Maria Pia e la nostra primaria Mara Rosada, come tutte le donne e gli uomini che ogni giorno rischiano la propria incolumità per mettersi al servizio della salute di tutti i cittadini, diventano per me il simbolo della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”.
“Ci urlava cose in inglese, voleva dell’alcol – raccontano Giulia e Maria Pia -. Prima che cominciasse a colpire, quando ha iniziato a minacciare, abbiamo capito che sarebbe passato in pochissimo tempo a gesti violenti e abbiamo cominciato a scortare i pazienti qui dentro in guardiola, alcuni anche esortandoli da lontano con le mani. La fortuna è stata anche che non fossero molti in sala d’attesa, essendo mattina presto e domenica. Abbiamo mantenuto la calma, per tutti, ma in quei momenti ci sentivamo in trappola e abbiamo temuto anche per la nostra vita. Siamo orgogliose di fare questo lavoro ma ci chiediamo per quanto riusciremo ad andare avanti se succedono sempre più spesso cose del genere. Siamo spaventate”.