Ci sono, a volte, dei tornanti nella vita che determinano un cambio radicale ed aiutano a individuare e a intraprendere finalmente la direzione “giusta”. Per il 48enne Leonardo Di Domenico, che sabato viene ordinato diacono (permanente) per l’imposizione delle mani del Patriarca, tutto questo è avvenuto attraverso varie prove e momenti di passaggio per poi concretizzarsi nello spostamento – per amore – dalla natia Pozzuoli a Venezia, complice l’incontro decisivo in quel di Rimini con Teresa Benacchio che sarebbe divenuta, di lì a poco, sua moglie e che via via ha fatto emergere una precisa – e duplice – strada vocazionale.
«Tra i 16 e i 18 anni – racconta Leonardo – avevo fatto un’esperienza, come aspirante, in un convento di frati minori ma due anni dopo mi hanno suggerito di prendermi una pausa di riflessione per capire bene cosa volevo. Questo, però, l’avrei capito solo molto tempo dopo. Intanto avevo interrotto gli studi e continuavo a fare qualche esperienza tra conventi e monasteri con l’intenzione di abbracciare la vita consacrata. A Pozzuoli ero, inoltre, sempre in cerca di occupazione e nel frattempo facevo il sacrestano volontario. Quando meno me l’aspettavo, nel 2004 agli esercizi spirituali del movimento di Comunione e Liberazione a Rimini, ho conosciuto Teresa e… quest’incontro mi ha cambiato la vita e presto mi si è chiarito il progetto di Dio ed ho compreso che ero chiamato a vivere la mia vocazione nel matrimonio».
Teresa è veneziana e, per amore, Leonardo si trasferisce nel settembre 2005 in laguna (alla Giudecca). Inizia a lavorare come collaboratore scolastico in due istituti del Veneto Orientale ed intanto, frequentando l’ambiente ecclesiale veneziano, conosce don Giuseppe Camilotto e don Roberto Donadoni e viene a sapere che ci sarebbe bisogno di un sacrestano nella chiesa di San Moisè. Leonardo comincia così a svolgere questo lavoro nell’area marciana e nel frattempo, il 13 maggio 2007, si sposa con Teresa nella chiesa del Redentore. Riprende contemporaneamente anche gli studi che aveva interrotto, frequenta il liceo artistico serale e consegue la maturità; nel 2014 partecipa, con esito favorevole, ad un concorso pubblico ed inizia a lavorare per il Comune di Venezia (prima alla Fondazione Bevilacqua La Masa e poi, fino ad oggi, all’archivio storico della Celestia).
«Quando ho ripreso il liceo – continua – in qualche modo guardavo già al diaconato, era un pensiero che stavo coltivando da tempo. Stava, insomma, maturando in me la prospettiva di diventare diacono per mettermi a servizio della Chiesa e confermando una disponibilità che da sempre avevo». Parla allora di questo suo “sogno” di diventare diacono con l’allora Patriarca Scola e con don Giacinto Danieli che seguiva in quel periodo la formazione dei diaconi permanenti; viene incoraggiato, intanto, a completare gli studi interrotti per poi valutare meglio il tutto e considerare il proseguimento con gli studi di Teologia. Leonardo si iscrive così all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova; nel 2022, ancora una volta coniugando studio e lavoro, superando non poche fatiche e tra l’altro anche una solenne bocciatura al primo esame, consegue il baccalaureato. Dal 2016, però, comincia ufficialmente il percorso spirituale, di discernimento e di formazione a contatto anche con gli altri diaconi permanenti e seguito da don Paolo Ferrazzo, nel frattempo divenuto il responsabile di tale ambito. «Mia moglie Teresa è stata fondamentale in tutto questo, mi ha letteralmente spinto, come un trampolino di lancio. Se sono quello che sono oggi è soprattutto grazie a lei e, certo, anche alla mia volontà».
Leonardo è oggi impegnato nella comunità marciana (ora riunita in una nuova e unica parrocchia) in diversi ambiti – nel cenacolo, nel Consiglio pastorale, nella catechesi insieme a Teresa, nella liturgia – ma anche, per un paio di giorni alla settimana, nella realtà caritativa delle Muneghette. Sta per diventare diacono e «ora tanti mi chiedono chi è e cosa fa il diacono. Io dico sempre che è innanzitutto servo e, in particolare, servo della carità. La prima immagine che mi viene in mente è, infatti, Gesù che lava i piedi. Vorrei quindi essere servo, mettermi a servizio del Signore nella Chiesa di Venezia. Con umiltà, dove c’è bisogno, dove il Patriarca mi manderà. Mi sto poi rendendo conto di una cosa che ho capito col tempo: il Signore mi ha scelto nonostante tutti i miei limiti e peccati e di questo lo ringrazio. Ricevo, perciò, questo sacramento con molta umiltà. Il Signore non sceglie dei santi già fatti. Ha scelto anche me, con tutta la mia storia».
Alessandro Polet