Quattro personaggi, Luciano Seno, vetraio, Massimo Tagliapietra, pescatore, Mariarosa Vio, video performer, e Andrea Tagliapietra, pitture e scultore, tramite ricordi e il racconto della quotidianità, raccontano la loro infanzia e la relazione con l’isola di Burano e la laguna che la circonda. I temi affrontati sono la vita nell’isola tra passato e presente, la pesca e la sua evoluzione, l’arte e gli artisti contemporanei dell’isola, il teatro, la musica e la relazione con il turismo.
“Boreana”, firmato Emanuel Toffolo, vetraio, e Jordan Carraro, artista, si propone di dare importanza agli aspetti più veri e sinceri di Burano, dando una nuova luce ad un luogo sempre più visitato e che purtroppo riflette invece soltanto la sua parte più commerciale, nascondendo un’anima profonda che, chi la vive, conosce.
Di che cosa tratta il vostro documentario?
Da dove è nata l’idea?
Jordan: Ci trovavamo spesso a discutere di progetti in comune, e l’idea proposta da Emanuel mi è parsa sin da subito molto interessante. In un primo momento abbiamo abbozzato una sceneggiatura “a voce”, dato che il tempo scarseggiava e ci risultava difficile organizzarci per bene. Dopo l’aggiunta dei tre personaggi, tutto è evoluto in modo molto spontaneo.
Avete già collaborato in progetti simili?
Emanuel: In realtà no. Avevamo in mente di realizzare assieme delle mostre, unendo la pittura all’arte vetraia, ma a causa della pandemia questo progetto non è mai andato in porto. Nonostante ciò, è sempre rimasta la voglia di creare qualcosa insieme e il documentario è stato un buon pretesto per mettersi in gioco.
Come avete fatto a coinvolgere i quattro personaggi?
Jordan: Ma è stato facile coinvolgere anche gli altri due, poiché sono dei miei cari amici. Il quarto personaggio, ossia il pescatore, invece, era abbastanza restio al colloquio. Nel suo caso, è stato necessario agir
Quali sono state, invece, le difficoltà che avete incontrato nel corso delle riprese?
Jordan: Un’altra difficoltà è stata l’organizzazione, poiché dovevamo conciliare le riprese con i nostri impegni lavorativi. Alcuni aspetti tecnici, inoltre, per noi che non disponiamo di una produzione al nostro seguito, possono risultare abbastanza noiosi. La parte più difficile è toccata ad Emanuel, che si è occupato del montaggio e della post-produzione. Inoltre, possiamo dire che le difficoltà non smettono di esserci: ora, ad esempio, ci stiamo mobilitando per distribuire il documentario, contattando i cinema e le varie distribuzioni.
Quali aspetti della vita quotidiana dell’isola avete voluto sottolineare maggiormente?
Jordan: Inoltre, quasi come se Burano fosse una casa e la Laguna il suo giardino, ci siamo focalizzati sul rapporto dei personaggi con quest’ultima: il nonno di Emanuel racconta di quando, da piccolo, si recava nell’isola di San Francesco del Deserto; l’artista ne ricava materiali per le sue creazioni, come alghe e radici, la performer la usa come palcoscenico, mentre per il pescatore è fonte di sostentamento.
Qual è il fine di questo documentario? Cosa vorreste che ne traessero le persone che lo vedranno?
Jordan: Abbiamo voluto realizzare un documento che catturasse un momento “intimo”, e non da vendere, come si propongono di fare i “documentari-cartolina” volti a promuovere il turismo di massa.
Avete in programma di realizzare altri documentari che esplorino temi simili?
Che cosa vi aspettate per il futuro dell’isola? Che cosa vorreste non cambiasse?
Jordan: Vorrei che tutto rimanesse così com’è. Sono arrivato qui cinque anni fa e da allora sono già cambiate moltissime cose. Nel caso ci fosse un cambiamento, sarebbe bello che l’isola divenisse più appetitosa dal punto di vista dell’abitabilità: con la stessa somma necessaria per acquistare una casa a Burano, infatti, è possibile ottenerne una più moderna e confortevole in terraferma, motivo per cui molte persone stanno scegliendo di lasciare l’isola. Inoltre, vorrei che il turismo fosse più regolamentato, per permettere ai residenti di vivere meglio.