di Giuseppe Antonio Valletta
La Fiera del Libro di Francoforte (universamente nota come “Buchmesse”), cuore pulsante dell’editoria internazionale, ha aperto le porte a cinque giorni di incontri e scambi intensi dal 16 al 20 ottobre 2024. L’evento, il più grande al mondo nel settore editoriale, è luogo in cui i professionisti del settore si incontrano, stringono collaborazioni e acquistano i diritti per tradurre libri stranieri nei loro Paesi. Quest’anno, la più grande fiera del libro al mondo ha visto l’Italia tornare come Ospite d’Onore dopo 36 anni dalla prima partecipazione, avvenuta nel 1988. L’obiettivo principale di questa edizione è stato quello di avvicinare i giovani adulti alla carta stampata, con una sezione speciale di circa ottomila metri quadrati dedicata a loro, i “nuovi adulti”.
Curato dall’Associazione Italiana Editori (AIE) e coordinato dal Commissario straordinario del Governo, Mauro Mazza, il programma è stato pensato per rappresentare al meglio la ricchezza e la varietà della nostra editoria. 86 autori, scelti in un dialogo continuo con piccole, medie e grandi case editrici, hanno dato voce alla diversità e alla profondità della produzione letteraria italiana. Il Padiglione Italia, progettato da Stefano Boeri Interiors e grande 2.300 metri quadrati, ha rappresentato una sorta di piazza centrale, un omaggio alla tradizione urbanistica italiana. Con i suoi portici che ne delimitano il perimetro, le colonne che scandiscono il ritmo del porticato e i gradini che circoscrivono l’area, il padiglione ha offerto ai visitatori un ambiente accogliente, invitandoli a sedersi liberamente come farebbero in una piazza storica.
In questo contesto, accolti dal Commissario Mauro Mazza, tra i numerosi ospiti, il Rav Scialom Bahbout, già rabbino capo di Napoli, Bologna e Venezia, e il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, hanno preso parte alla manifestazione in un incontro dal titolo “La cultura che unisce. La religione e le radici”, coordinato dal giornalista Nico Spuntoni. A vent’anni dal Trattato di Lisbona, la riflessione ha posto al centro il tema del giusto equilibrio tra tradizione e modernità, sollevando una domanda fondamentale: l’Europa del XXI secolo può guardare al futuro senza riconoscere e preservare le proprie radici? L’importanza di promuovere un dialogo interreligioso come strumento di unione e comprensione è stato al centro della riflessione emersa.
Il Patriarca Moraglia ha sottolineato come le tradizioni religiose siano state un pilastro nella formazione dell’identità culturale dell’Europa moderna. “Le religioni creano cultura” ha affermato, esprimendo preoccupazione per il fatto che la Costituzione Europea non riconosca esplicitamente l’eredità culturale delle tradizioni religiose. In un’Europa sempre più multietnica e multireligiosa, con riferimenti religiosi diversi e legittimi, ha invitato a trovare un “collante” capace di rispettare e integrare tutte le identità, mettendo al centro la persona. “Il punto di riferimento fondamentale deve essere la dignità e il rispetto della persona. Per questo motivo, io ritengo che, se fosse stato accolto nel preambolo della Costituzione Europea il riferimento a questi valori, non come una rivendicazione culturale, ma come un’offerta culturale, ciò avrebbe potuto contribuire a trovare un collante comune per l’Europa di oggi”. Ha poi sottolineato l’importanza di includere altre radici, promuovendo un dialogo basato su valori comuni. “Il libro – ha continuato – resta lo strumento principale per mettersi in gioco. È infatti il piano culturale che spesso favorisce il dialogo, anche tra persone di fedi diverse. Ragione e religione si contaminano a vicenda, aiutandosi a non degenerare”. Per Moraglia, è quindi fondamentale “la dignità della persona che genera solidarietà, responsabilità, libertà e verità”.
Rav Bahbout ha condiviso la visione di Moraglia, sottolineando come l’ebraismo abbia contribuito profondamente alla cultura europea e, in particolare, alla tradizione cristiana. “Negare la presenza e l’importanza della cultura ebraica significa negare l’intera cultura europea”, ha affermato Bahbout, richiamando l’attenzione sul ruolo fondamentale che queste tradizioni possono giocare nel rinvigorire il dibattito spirituale contemporaneo. Bahbout ha spiegato che, nella tradizione ebraica, il Pentateuco non è solo un testo sacro, ma una fonte di continua interpretazione e dialogo. “Ogni generazione ha letto il libro e gli ha dato un’interpretazione diversa,” ha osservato, proponendo di educare gli studenti a sviluppare un pensiero critico, stimolato da una lettura attiva dei testi. Perché la parola scritta deve “parlare”.
Moraglia ha ricordato come la Bibbia resti “il testo più letto e tradotto al mondo,” un’opera capace di superare i confini culturali e religiosi. “Nel testo c’è una scintilla divina che ispira e guida l’umanità nella ricerca delle risposte fondamentali”.
Il dialogo interreligioso alla Buchmesse ha riaffermato il ruolo centrale della cultura come strumento di unione in un’Europa sempre più diversificata. Di fronte a un mondo sconvolto da conflitti, come quelli in Medio Oriente e Ucraina, e tanti altri meno noti, emerge la necessità di contrastare la tendenza alla contrapposizione violenta e promuovere invece una composizione pacifica e dialogante. Mai come oggi, è essenziale profondere il nostro impegno collettivo e individuale per diffondere la conoscenza, incentivare la riflessione e utilizzare il dialogo come mezzo per combattere l’intolleranza e l’odio di matrice culturale e religiosa.