«Dalle nostre parti quando saluti una donna lo fai dicendo il nome e il ruolo che le spetta: cognata di, moglie di. La donna esiste solo perché è qualcosa per qualcun altro». Un anno fa Hasna Hena Mamataz Dalia ripeteva queste parole senza rabbia, senza risentimento, ma con la convinzione e la fermezza di chi è consapevole che un cambiamento è necessario e che questo cambiamento è già in atto e parte proprio da loro, da lei, dalle donne.
A questo scopo ha anche fondato un’associazione non riconosciuta, LiberAlo, che significa luce, che è già stata oggetto di un articolo del nostro giornale. Come la luce, che scaccia le tenebre, Hasna aiuta le donne (in particolare della comunità bangladese di Mestre, di cui lei stessa fa parte, ma le porte dell’associazione sono aperte a tutte) a scoprire la loro luce, le qualità e le competenze che ignorano di possedere o di poter acquisire attraverso lo studio e la pratica: insomma, una levatrice socratica dei nostri tempi.
Ma la voce con cui torna oggi a parlare di LiberAlo non è più entusiasta e piena di energia come un anno fa: «Immagino sia la dimostrazione concreta che l’associazione serve al suo scopo, altrimenti non mi spiego tanta ritrosia nei confronti di quest’iniziativa. Dall’anno scorso molte donne hanno smesso di frequentare i nostri incontri settimanali. O meglio, i mariti lo hanno loro proibito. Alcune persone nella comunità non approvano il mio lavoro. Sono convinte che io sia una strega… e che faccia divorziare i coniugi perché aiuto le donne a essere libere. Se per loro essere libera significa essere libere di scegliere. Di scegliere cosa fare, con chi stare o come vivere. Allora in questo senso hanno ragione. Ma è una libertà che non mina l’integrità delle famiglie che si vogliono bene, al massimo le rende più forti e unite. Solo quelle che si basano su falsi valori crollano».
Per spiegarsi meglio, Hasna racconta la storia di una donna che per privacy chiameremo la “donna bella” e che è anche il suo braccio destro da diversi anni: «La “donna bella” è stata lasciata dal primo marito perché lui non voleva un figlio disabile. Un uomo l’ha vista, così bella com’è lei, e l’ha chiesta in sposa, promettendo di occuparsi del figlio e di non essere disturbato dalla sua situazione di donna divorziata, che è considerata una grande vergogna per la nostra cultura. Quest’uomo aveva già due mogli in Bangladesh, ma ne cercava una bella per la sua nuova vita in Italia. Lei ha deciso di sposarlo. Ora è felice, lui la rispetta ed è lei che si assicura che le altre due famiglie ricevano sempre dei soldi. Nessuno le dice cosa deve fare o se questo è giusto, perché lei ha scelto liberamente e consapevolmente ed è felice così. Lavora, è autonoma, si occupa di suo figlio, ha un marito che le vuole bene e a cui lei vuole bene, ma è lei ogni giorno a sceglierlo. Questa è la differenza tra una donna consapevole e una donna che subisce le situazioni solo perché non sa, perché non ha i mezzi o le informazioni che le consentono di essere padrona della propria vita. Io aiuto le donne a essere padrone della propria vita».
Hasna è mediatrice linguistica e culturale per Emergency e l’iniziativa di LiberAlo è in parte frutto di un periodo lavorativo con i centri antiviolenza, che a volte sono anche l’ultimo gradino di salvezza per alcune donne. Da qui nasce la necessità di sostenersi l’un l’altra e supportarsi a vicenda, ma anche di aiutare le donne a sviluppare un maggiore senso di consapevolezza di sé e delle proprie capacità; affinché siano libere di autodeterminarsi; affinché certe cose non accadano più. Per alcune è difficile partecipare agli incontri, ma ci vanno lo stesso: non mollano, a testa alta, con tenacia, continuano a venire. Magari cambiano il giorno, la data, il luogo, perché nessuno se ne accorga, ma ce la fanno. Altre ci provano ma sono costrette a mollare.
Ma se LiberAlo è un primo passo verso il cambiamento è vero anche che, affinché questo avvenga, è necessario che ciascuna donna trovi il coraggio necessario per se stessa ma anche per chi coraggio non ne ha. O per chi non ci crede abbastanza.
Teresa Facchinetti