C’è un assiduo lettore e abbonato di Gente Veneta, che il prossimo 11 settembre compirà 100 anni: è Antonio Trevisanato, «nato, cresciuto e invecchiato sempre alla Gazzera», come egli stesso si descrive.
In realtà dal 95° compleanno, dopo alcuni mesi trascorsi in varie strutture sanitarie, vive al Centro Nazaret, dove lo abbiamo incontrato accompagnati dal suo unico fratello, don Ottavio Trevisanato, già parroco della Gazzera e dei Santi Francesco e Chiara di Marghera.
E questa nuova situazione di vita in carrozzella Antonio la deve alla sua passione per la bicicletta e l’abilità di ciclista. Infatti, l’11 settembre del 2019 stava andando in bici, con una mano sul manubrio e con un vassoio di pastine nell’altra, in canonica dal fratello don Ottavio, per festeggiare il 95° compleanno, quando proprio davanti alla chiesa della Gazzera si scontrò con un furgone: numerose fratture, ma nessuna lesione alla testa, che rimane lucidissima anche tutt’oggi, tanto che le notizie nell’intervista ce le fornisce direttamente.
Vedovo di Anna da 13 anni, Antonio ha tre figli: Andrea, presente all’intervista, Danilo e Nadia; due nipoti, Filippo e Giorgia, e un unico fratello, don Ottavio, con cui ci sono vent’anni di differenza di età, per cui, tra l’altro, avendo un fratello piccolo non fece il servizio militare. E di come verso questo fratello minore ci sia sempre stata una cura particolare lo racconta lo stesso don Ottavio: «Quando ero in seminario, la mamma era morta nel ’61, Antonio veniva insieme alla moglie a trovarmi e a portarmi il cambio della biancheria. Allora non c’erano i permessi domenicali per andare a casa e la prima uscita, una volta al mese, venne consentita dopo l’acqua alta del ’66. Alla mia ordinazione, avvenuta il 27 giugno del 1971, dato che nostra madre era già mancata e nostro padre era immobilizzato a casa per la frattura di una gamba, a farmi come da genitori c’erano proprio Antonio e la moglie Anna, che mi hanno sempre accompagnato in tutto il mio cammino di prete e di parroco».
Antonio non ha mai avuto la patente, perché la bici è stata sempre il suo mezzo per muoversi, anche per andare al lavoro, a Porto Marghera nella Società Italiana del Piombo e dello Zinco “Monteponi-Montevecchio”, dove era impiegato all’ufficio paghe. «La passione per la bici l’ha trasmessa anche a noi figli», conferma Andrea, mentre don Ottavio aggiunge di avere «ancora la bici Piave che mi ha regalato a dodici anni».
E per questa passione faceva parte del gruppo Cicloamatori della Gazzera, attivo fino all’inizio della pandemia di Covid, con cui Antonio ha compiuto vari giri, tra i quali quello del Danubio e uno in Sicilia, che gli è rimasto particolarmente impresso nella memoria: «Eravamo in cinque e con le mogli che ci seguivano in furgone, quando il 22 maggio del 1992 siamo passati da Capaci, il giorno prima della strage in cui fu ucciso Falcone con la scorta».
Nella longevità di Antonio c’è però un altro segreto, un’altra passione oltre quella della bici: il suo amore per l’orto di casa.
Gino Cintolo